sabato 10 gennaio 2009

La conoscenza come passione

Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;

indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: “Quando

mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.

*** … ***

“O frati”, dissi,”che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

de' nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza”.

Dante, Inferno XXVI, 85-103; 112-120.


Questi versi di Dante sin dalla prima lettura, mi hanno affascinato, e oggi riflettendo sulla rilevanza della conoscenza umana, sono emersi con impeto alla mia memoria. Spesso la conoscenza viene intesa come controllo razionale della realtà e viene contrapposta all'impeto delle passioni. Questi versi invece affermano che la conoscenza non è molto diversa dalle altre passioni. Dante sostiene che la conoscenza è un “ardore” che supera la “dolcezza di figlio” la “pieta del vecchio padre” e il “debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta”. La conoscenza è quindi una passione che sostiene e spinge l'uomo ad esplorare se stesso e il mondo circostante. Ed è proprio questa passione che distingue gli uomini dai “bruti”. L'uomo infatti è fatto per acquisire sempre maggiori virtù, capacità, miglioramento di sé e dominio del mondo circostante. Ciò tuttavia non avviene con facilità, ma con grande fatica, e ciò lo dimostrano i sacrifici delle avventure o disavventure che Ulisse e i suoi compagni hanno affrontato o devono affrontare. Ma la conoscenza è un grande passione perché spesso, spingendo gli uomini verso l'ignoto, può far correre dei gravi rischi e spesso la perdita stessa della vita, come l'epilogo di Ulisse, così come viene riportato da Dante. Non è possibile non condividere con Dante queste considerazioni sulla conoscenza; tanti uomini, come Ulisse, hanno rischiato e ancora mettono a rischio la propria vita per arricchire se stessi e l'umanità intera di nuove esperienza.

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Buona sera prof...
soprattutto in quest'ultimo periodo sono attratta dal conoscere, quasi ammaliata dalle "cose nuove", affascinata da nuovi punti di vista. Ed è proprio questa mia volontà di conoscere e di andare sempre oltre quello che si dice che a volte mi ha portato a volere sempre di più, a conoscere sempre di più ( come il doctor faustus di Marlowe )...
Credo che La volontà di conoscere sia un qualcosa di innato nell'uomo che pero a volte non viene fuori per paura di sapere , per timore che le piccole certezze diventano vane... Ritornando un po al passato, è proprio questa paura di perdere le proprie certezze che ha un po bloccato - o quantomeno ostacolato- il processo evolutivo della scienza ( come accadeva per la scolastica)...
Credo- e spero- che tutti abbiano almeno un po la voglia di imparare, di conoscere , di non fermarsi alle apparenze, di non bloccarsi a quello che si dice... di andare molto, molto oltre anche a rischio di "farsi male"...anche a rischio di vedere in attimo cadere tutto ciò in cui si credeva.....

un saluto
Marika S.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Giulio ha detto...

Ciao Marika,
vedi
http://ragioneimmaginazione.blogspot.com/2009/04/ciao-marika.html