venerdì 15 febbraio 2008

Politica

La politica è un’attività umana complessa, è una matassa difficile da dipanare perché deve gestire l’agire e il vivere civile di un popolo, ovvero deve coordinare e sintetizzare i bisogni, le aspettative di tanti individui, a loro volta carichi di tanti e vari eventi esistenziali.
Ma proviamo a cogliere i fili essenziali di tale groviglio.

La fondamentale finalità dell’attività politica e quindi dell’opera del governo è quella di permettere una vita ordinata e pacifica
L’ordine e la pace possono essere assicurati se c’è un’equilibrata distribuzione dei beni, in modo tale da permettere il soddisfacimento dei bisogni degli individui.
I governi non possono eliminare l’iniziativa e la libertà individuale nell’attività produttiva ed economica, tuttavia quando questa si sviluppa in modo tale da essere pregiudizievole per un dignitoso sviluppo degli altri, devono intervenire al fine di evitare possibili conflittualità.

Gli individui nel corso della loro esistenza maturano una loro coscienza, una propria cultura o religione, a cui non intendono rinunciare.
La comunità politica non può negare la libertà di coscienza, tuttavia deve vigilare, affinché le culture non degenerino in intolleranza verso le altre, e deve limitare quelle che avessero in se stesse dei principi delittuosi.

Lo stato nasce non solo per eliminare i contrasti tra i cittadini ma per sostenere la solidarietà tra loro.
Gli individui quando si uniscono diventano una comunità. Questa per curare il proprio sviluppo, deve sostenere i singoli componenti.
Diventa quindi un compito impellente dello stato il benessere dei cittadini: la salute e l’istruzione sono i due aspetti fondamentali.

Come ogni individuo non può essere chiuso in se stesso, così anche le comunità sono relazionate alle altre.
Lo stato deve sostenere relazioni pacifiche con gli altri stati, in modo da rispettare le loro culture e avere reciproci e solidali scambi economici e culturali. Pertanto deve sostenere anche le iniziative di pace dell’ONU.

L’imponderabile alcune volte diventa determinante nella nostra vita; una comunità deve essere attenta e pronta a individuarlo e a gestirlo.
Nella società purtroppo come in tanti momenti della vita emergono dello forze apparentemente imprevedibili, che possono essere naturali, come catastrofi naturali, terremoti, alluvioni …, ma anche follie di gruppo, egoismi, passioni.
Lo Stato deve cercare, con la prevenzione, di attenuare se non di eliminare le cause delle catastrofi.
Una maggiore attenzione dovrebbe prestare per moderare le passioni con l’educazione.
Alcune volte anche i partiti dovrebbero moderare i toni del dibattito ed essere più razionali e persuasivi, piuttosto che far sfoggio di retorica e di mitologia.

martedì 12 febbraio 2008

Senso del limite

Gli uomini lungo tutto il corso della storia hanno dimostrato una certa consapevolezza dei limiti delle proprie possibilità sia pratiche che conoscitive.

L’impossibilità di conoscere la verità è sorta subito con Eraclito, il quale rilevando la dinamicità della vita ritiene che solo chi è superficiale si illude di poter descrivere ciò che vede con i propri sensi e considerarlo verità; chi è più riflessivo si accorge subito che ogni cosa non si chiude in se stessa ma rimanda ad altro e questo gli rende impossibile la definizione della verità, una conoscenza ben definita e permanente.

I sofisti affermano un soggettivismo conoscitivo: tutto dipende dall’uomo e dalle sue capacità di esprimere ciò che ritiene utile e di convincere gli altri.
Platone con la sua dottrina delle idee, afferma l’esistenza di un mondo della verità, che l’uomo deve ricercare in se stesso purificandosi dalla materialità in cui è ingabbiato dalla nascita.
Aristotele dice che la verità è nelle cose, ma si trova sotto le apparenze che la stessa sostanza sostiene.

Le religione dice che la verità è in Dio, e solo la fede in lui offre la certezza e la speranza di raggiungere la verità.

Durante l’Umanesimo, pur esaltando l’uomo per la sua conoscenza, si sottolinea anche il suo limite, come fanno Cusano, Montaigne e tanti altri.
L’Illuminismo, pur nella presunzione di voler sottoporre tutto al voglio della ragione, riconosce con Hobbes, Voltaire, Locke e tanti altri i limiti della conoscenza umana, e con Hume si cade nello scetticismo.
Kant ha riprovato a porre dei fondamenti alla conoscenza scientifica, delimitando la sua applicazione alla conoscenza sensibile, ma riconosce l’esistenza di un mondo non conoscibile ma intuibile come esigenza della vita morale e politica dell’uomo, attribuendolo oltre che alla ragione, al sentimento e alla fede.
Dopo il tentativo romantico e idealistico di cogliere un assoluto con il sentimento o la ragione, come ritiene Hegel, la ricerca si frantuma in tanti rivoli di ricerca, che spesso affermano il relativismo e l’impossibilità di conseguire la verità.

A questa consapevolezza dei limiti della conoscenza umana, a questo continuo dubbio che pervade il procedere teoretico, nella vita quotidiana non sempre corrisponde un atteggiamento prudente, un’attenzione alle proposte degli altri; al contrario ci si lascia dominare dalle passioni, si ostenta sicurezza, come se tutto possa essere diretto e dominato da ciascun individuo.