mercoledì 14 marzo 2007

La rondine

Rondinella dove vai?
Oltre i monti, oltre il mare!
Rondinella tornerai?
Chi si parte vuol tornare!
Tornerò in primavera…

Sono alcuni versi di una poesia imparata nei primi anni della scuola elementare, di cui non ricordo né il titolo né l’autore.
Un mio amichetto in quei giorni andò via dal paese. Lo vidi con suo padre mentre partiva su uno dei camion che, carichi dei pochi mobili e delle varie masserizie, attendevano vicino al municipio per il saluto del sindaco, e andare poi nel nord Italia.

Milano, Milano che bella città!
Si mangia, si beve, l'amore si fa!

Era una piccola canzoncina che la mamma, faceva cantare al bambino, che aveva seduto sulle sue ginocchia e che spesso i ragazzini canticchiavano in cortile o nelle strade.
Emigrare era la soluzione più frequente alla disoccupazione e alla povertà, che imperversavano nell’Italia meridionale negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale. Molti andavano lontano, nelle Americhe, altri nei paesi europei, tanti nel nord Italia, soprattutto a Milano e a Torino.
Prima, di solito, andava un figlio maggiorenne o il padre, appena questi trovava il lavoro e una precaria sistemazione, ritornava a prendere il resto della famiglia. Avevano intravisto una speranza di vita, e molti con sacrifici riuscirono a conseguire una dignitosa vita economica e sociale; ma con quanto dolore e pianto hanno interrotto i loro affetti e le loro radici dal loro paese.
Alcuni non ce l’hanno fatto e sono rientrati dopo alcuni anni. Molti hanno mantenuto i legami ritornando ai loro cari almeno durante le ferie estive, raccontando del benessere del paese dove erano immigrati, molto spesso non erano creduti o erano presi in giro per le inflessioni linguistiche che avevano assunto [Vengo da Milano sin chi (cadenza milanese) per mettere il piede nella quinquana (neologismo, traduzione italiana del termine dialettale ruvese per dire pozzanghera)] o per il nuovo atteggiamento acquisito. Altre volte riuscivano a convincere a partire altri operai ancora indecisi.

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giovedì 1 marzo 2007

Un Coktail Meraviglioso


Due piccolissime particelle gelatinose si uniscono e hanno in sé un programma di vita. Si tengono strette tra di loro nel grembo materno e così vivono e si sviluppano. Al momento opportuno, avendo acquisito una forma di bambino, questo viene, in forma quasi traumatica, messo al mondo. Ancora abbracciato e protetto dai propri genitori continua a crescere. Lo sviluppo avverrà fino alla maturità, quando sarà in grado di generare, poi inizierà il declino fino alla morte.

Questo essere così piccolo, se confrontato con l’universo, ha in sé delle forze straordinarie che gli consentono di vivere e di trasformare il mondo circostante, ha passioni e sentimenti: ha voglia di affermazione e di dominio, sopporta sacrifici e sofferenze per aiutare gli altri. Ama e odia, offre solidarietà e speranze, ma è altrettanto terribile da seminare guerre e morte.

La mente umana controlla a fatica tutte queste
pulsioni, passioni e sentimenti, e spesso pervasa da potenti turbe emotive perde ogni lucidità, sfociando in comportamenti incomprensibili e spesso terribilmente pericolosi.

Da sempre l’uomo ha cercato di comprendere se stesso, per tanti secoli con riflessioni introspettive, poi con le scienze “positive”. Molti lo hanno sezionato nello spirito e nel corpo: sono entrati a carpire alcuni segreti dell’animo umano, riescono a curare la maggior parte dei suoi organi, riescono a ricostruire tessuti e a creare le condizioni opportune perché possa essere generato.

L’uomo rimane un mistero meraviglioso, non descrivibile nella sua pienezza né dalle scienze teoretiche, né dalle scienze positive.


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