domenica 20 gennaio 2008

Follia e Ragione

In pieno Umanesimo, mentre si esaltava la centralità dell’uomo, che per la conoscenza era l’unico essere vivente capace di scegliere il proprio destino, ovvero di scendere verso gli esseri ‘umili’ o di dirigersi verso Dio, (homo faber fortunae suae diceva Pico), Erasmo da Rotterdam scriveva l’Elogio della follia.
Un piccolo saggio in cui, in modo ironico, evidenziava come gli uomini vivono molti momenti della vita in modo impulsivo, lasciandosi dominare dalla follia, invece che dalla ragione.
È appena trascorso il 2007. Quanti momenti di follia si sono susseguiti! Quante opere generose hanno arrecato del bene all’umanità, come tanti slanci di amore e di solidarietà che hanno sostenuto tanti sfortunati, vittime di calamità naturali o da guerre. Ma tanti momenti di follia hanno causato morte e disordini sociali e personali: gelosie famigliari, follie di gruppo. Ancora la bramosia di dominio sconvolge tante popolazioni.
Siamo ormai nel 2008, nell’età postindustriale, dell’informatica, della globalizzazione, ma gli uomini non riescono a dominare gli eventi e le passioni con una saggia razionalità.
Forse vedeva giusto Cartesio quando affermava che gli uomini cadono nel male perché la volontà, l’istinto, sono più veloce della ragione, questa infatti spesso arriva troppo tardi a eventi conclusi, suscitando pentimento per i guai commessi o contentezza per il bene fatto.
Eppure gli uomini si vantano per i grandi progressi della loro conoscenza, né si può negare la forte incidenza che questa ha sulla vita dell’umanità.

martedì 8 gennaio 2008

La scienza politica

Quale sia stato lo stile di vita dei primi uomini lo possiamo solo immaginare.
I filosofi dell’antica Grecia hanno ritenuto la scienza politica una necessità dell’uomo e una facoltà insita in esso. Nel Protagora di Platone Zeus, che si era preoccupato di aiutare il genere umano, dà ordine a Ermes di distribuire a tutti la scienza politica (pudore e giustizia). Aristotele chiama l’uomo animale politico perché, insieme, gli uomini possono rispondere alle necessità della vita.
Durante l’Umanesimo e il Rinascimento mentre viene esaltata la dignità e la libertà dell’uomo, si pone la riflessione sull’origine delle leggi e sul ruolo dei sovrani; si afferma, tra l’altro, il giusnaturalismo.
Nel 600-700 alcuni filosofi hanno immaginato lo stato primitivo dell’uomo e ciascuno, secondo la propria prospettiva, ha immaginato l’uomo come lupo per l’altro uomo, oppure come buon selvaggio, prospettando una propria teoria politica.
Dalla storia dei popoli, che circondano il Mediterraneo, emergono varie forme di istituzioni politiche, che vanno dalla monarchia alla democrazia.
Nel 700 e nell’800, si affermano le istituzioni parlamentari. Intanto vanno maturando i progetti politici del socialismo e della democrazia.
Nel secolo scorso alcune dittature hanno interrotto il corso della democrazia, che tuttavia è riuscita a riemergere dopo gravissime prove.
Ancora oggi si pongono domande sul ruolo della politica e sulla ricerca di strumenti idonei per la partecipazione dei cittadini alla vita dello Stato.
La scienza politica non offre una risposta univoca perché deve trovare una sintesi delle esigenze che provengono dal groviglio esistenziale: esigenza di soddisfare bisogni primari, esigenza di maggiore benessere, conflitti di egoismi personali e di classe, voglia di dominio e di potere e timore di perdere vantaggi acquisiti…
Tutte le tensioni esistenziali vengono sostenute da ideologie o da apparente pensiero critico; anche i teorici che si dicono neutrali vengono travolti nella mischia, direttamente o indirettamente.
La scienza politica non può rimanere nell’ambito puramente teorico, (i politologi offrono degli ottimi contributi di analisi politica e spesso propongono delle soluzioni anche ottimali), ma la politica deve essere viva, ovvero deve coinvolgere tutti i cittadini; perché se manca il senso civico, questi cercheranno di soddisfare individualmente i propri bisogni, e vivranno passivamente se non in contrapposizione ogni decisione delle Istituzioni.
I nemici della politica sono coloro che infondono sfiducia, che parlano di disinteresse dei cittadini, che riducono gli spazi di partecipazione, che controllano i mezzi di comunicazione.
Tuttavia i nemici più temibili vengono dalla miseria e dal disimpegno: tanti cittadini non hanno il tempo per soddisfare i propri bisogni primari e non hanno il tempo per la partecipazione politica; tanti altri, pur avendo l’opportunità di informarsi e di partecipare, si disinteressano, preferendo l’evasione e lo svago all’impegno.