venerdì 18 aprile 2008

Le scienze umanistiche

Sin dall’antichità gli uomini, oltre a guardarsi intorno per scoprire e per usufruire del territorio circostante, si sono posti delle domande circa la propria esistenza, ovvero che ruolo avevano nella natura e come dovevano comportarsi per vivere nel miglior modo (per essere felici). A queste domande hanno risposto come hanno potuto, con gli strumenti in loro possesso.
L’immaginazione primitiva considerava ogni essere, in analogia all’uomo, come esseri animati: il cielo, la terra, il mare, gli astri, il vento…erano esseri viventi, anzi divinità; anche molti stati d’animo o virtù come la giustizia, la bellezza, la legge avevano analogie con l’uomo, erano divinità con sembianze e comportamenti umani. Tutti gli esseri vivevano in rapporto tra loro, a volta in lotta, a volta in amicizia, nell’insieme formavano l’armonia della vita.
Ma l’uomo aveva qualcosa che lo differenziava dagli altri esseri, la mente che gli permetteva di forgiare gli strumenti per produrre il necessario per soddisfare i propri bisogni, e la virtù politica, che liberandolo dalla solitudine, lo rendeva più forte.
Gli argomenti dell’ordine, dell’origine delle leggi, della giustizia hanno dato vita dall’antichità ai nostri giorni a vivaci dibattiti, a volte a lotte sociali, maturando in tal modo cultura e modi di vita associata, creando ciò che noi oggi diciamo civiltà.
Intanto si cercava di definire un ruolo dell’uomo all’interno della natura, distinguendolo dagli altri esseri viventi, e un ruolo all’interno della stessa società, che lentamente si andavano costituendo. Emergevano in modo più decisivo le discussioni sul comportamento dell’uomo per vivere una vita armoniosa, ovvero serena e felice.
Le risposte a tali problemi sono state svariate, tuttavia, in modo molto sommario, si possono ridurre a due. Alcuni, rimpiangendo uno stato naturale innocente e felice, vogliono che il comportamento umano sia lasciato alla spontaneità, o, esagerando, all’irrazionalità della volontà. Altri, ritenendo che con il dibattito politico l’uomo ha guadagnato una maggiore sicurezza e maggiori vantaggi, affermano che con la conoscenza e con la ragione gli uomini devono stabilire delle norme politiche ed etiche per un ulteriore progresso.
Il rimpianto della naturale spontaneità spesso riemerge nei sentimenti umani, ma la conoscenza e la ragionevolezza degli uomini hanno permesso lo sviluppo dell’umanità, anche se non hanno conseguito né conseguiranno mai una definitiva organizzazione.
Oggi ci sono città con centinaia di migliaia, alcune volte di milioni, di individui, che vivono uno accanto all’altro, e ciò è possibile grazie alle conquiste della conoscenza umana. Sarebbe stata possibile una tale convivenza senza leggi, senza una maturità civile, senza un’etica condivisa?
Certo non tutti possono condividere tali considerazioni, perché nella società permangono tanti problemi irrisolti, e molti non trovano in essa un posto secondo le proprie aspettative, tuttavia non si intravede un’altra via se non una continua e ulteriore ricerca razionale per migliorare il presente.
Oggi varie scienze si occupano della società, spesso a loro volta suddivise in varie specializzazioni: filosofia, scienze giuridiche, scienze politiche, psicologia, sociologia…. Tutte contribuiscono a una maggiore consapevolezza dell’uomo e delle comunità in cui vive. I progressi della scienza pongono ulteriori e gravi interrogativi non solo sul comportamento individuale e comunitario, ma anche sui limiti di intervento sulla vita umana, sia al momento della nascita sia al momento del termine della vita: la bioetica.

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La conoscenza

In alcuni momenti della nostra vita, sia in quelli che appaiono i più sereni che in quelli più difficili, ci chiediamo chi siamo? quale valore ha la nostra vita? Perché…? Perché…?
Nel porre le domande e nel tentativo di rispondere diamo per scontato la nostra esistenza materiale, la nostra corporeità; le nostre domande vertono piuttosto sul senso della nostra esistenza, perché mentre ci sentiamo soggetti attivi, autosufficienti e liberi, nel nostro operare ci rendiamo conto dei limiti delle nostre potenzialità e delle enormi energie che ci sovrastano e ci condizionano.
Eppure bisogna cominciare la nostra ricerca da ciò che riusciamo o comprendere con una relativa certezza: il nostro essere e il mondo circostante.

La conoscenza è determinante nell’agire umano, anche se spesso il nostro comportamento sembra essere sostenuto da impulsi irrazionali, sentimenti, passioni, conformismo. Si ritiene di solito responsabile solo chi opera con consapevolezza, ovvero colui che opera con cognizione dei fatti, con conoscenza e razionalità. I tribunali emettono le loro sentenze solo di fronte alla piena consapevolezza, altrimenti non condannano o riducono la pena.

La vita dell’uomo, dall’origine dell’umanità ad oggi, oppure dalla nascita di un uomo fino alla morte, si intreccia, si identifica soprattutto con la sua conoscenza.

Nel corso della storia la conoscenza si sviluppa e ramifica in ogni settore dell’esistenza umana primo fra tutti quello della ricerca dei mezzi per soddisfare i propri bisogni quali il mangiare, il ripararsi dalle avverse condizioni della natura, il difendersi dagli altri animali soprattutto da quelli più forti di lui. Né trascura di porsi domande sul senso della vita, e sul rapporto da tenere con i propri simili.

Oggi viviamo in una società in cui la conoscenza si è spezzettata in tante specializzazioni, affrontando in modo settoriali i problemi dell’umanità; anche se in molti c’è consapevolezza della necessità di una visione globale del sapere, spesso si smarriscono nel chiuso della loro specificità.
La più grave scissione del sapere è quella tra scienze sperimentali e scienze umane, come se le une e le altre non avessero la loro origine dalla stessa umanità e non avessero la stessa finalità, ovvero quella di migliorare e offrire maggiore consapevolezza all’agire umano e quindi al benessere dell’uomo.

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