martedì 3 maggio 2011

Unità d'Italia

Ogni evento storico è frutto di molteplici fattori, che si intrecciano tra loro con esiti spesso non sempre prevedibili.

L’unità d’Italia era un’esigenza sentita dalle persone colte, socialmente e politicamente più impegnate, ma per le condizioni geopolitiche dell’Italia non si intravedeva una soluzione.
Non è questo il luogo in cui percorrere analiticamente la formazione della coscienza italiana, ma si può certamente affermare che gli italiani hanno avuto e nutrito la consapevolezza dell’unità della gente italiana contemporaneamente alle altre nazionalità europee emergenti, in seguito alla crisi del potere universale dell’Imperatore e del Papa.

Gli italiani divisi in tanti piccoli ‘stati’, sentivano di avere una comune cultura e, pur continuando a scrivere in latino, cominciarono a formare una propria lingua (il volgare italiano).
Le opere in volgare di Dante, Petrarca, Boccaccio e altri danno l’impronta d’italianità alla cultura.
In Italia sorgeranno e si affermeranno l’Umanesimo e il Rinascimento. Scrittori, pittori, scultori, architetti, scienziati e tecnici frequentavano le corti dei vari principati lasciando nelle varie parti d’Italia i loro capolavori, che saranno il vanto degli italiani delle varie epoche e anche dei nostri giorni.

Il Machiavelli, conoscitore degli stati europei di nuova formazione, ebbe chiara la condizione di debolezza dell’Italia, e denunciò la divisione dell’Italia come causa di tale debolezza.

Durante la prima metà dell’Ottocento esplose con rinnovato vigore il problema dell’Unità.
La rivoluzione industriale di fine Settecento cominciava a sconvolgere i sistemi produttivi dell’epoca che si reggevano ancora sull’agricoltura e sull’artigianato. L’introduzione delle nuove macchine e lo sviluppo delle aziende industriali incrementarono la produzione di prodotti finiti, e richiedevano mercati sempre più ampi per collocare i prodotti eccedenti il consumo locale.
Pertanto la borghesia industriale e capitalistica auspicava la formazione di stati sempre più grandi, ovvero mercati sempre più vasti.
Per la borghesia italiana la frantumazione dell’Italia era un ostacolo al suo sviluppo: i confini regionali impedivano gli investimenti per la ricerca e per lo sviluppo tecnologico e offrivano dei mercati molto ridotti, pertanto richiedeva l’unità dell’Italia.

La cultura romantica alimentò il sentimento nazionale: al cosmopolitismo illuministico contrappose la nazione.
Pur considerando Dio, l’Infinito, come fondamento di tutti gli esseri, i romantici ritenevano che ogni comunità, che aveva identità di lingua, di religione, di tradizione, manifestava l’unità divina, e aveva dignità di nazione.
I Paesi, come l’Italia, che possedevano da secoli tali requisiti pretesero l’indipendenza e l’unità.

All’inizio dell’Ottocento si aprì il grande dibattito sull’unità d’Italia.
Agli intellettuali e politici del tempo (C. Balbo, M. d’Azeglio, Cattaneo…) parve opportuno dare vita ad una federazione di stati. Gioberti propose una federazione di stati italiani sotto la presidenze del Papa. Il progetto non era condiviso da coloro che erano di formazione laica (illuministi, materialisti), tuttavia sembrò percorribile fino al 1848, all’inizio della Prima guerra d’indipendenza.

Il 1848 Milano e Venezia si erano sollevate contro l’Imperatore d’Austria a cui erano sottoposte. Con tali sommosse anche Milano e Venezia, diventate indipendenti, avrebbero potuto partecipare alla federazione e il problema dell’indipendenza e dell’unità italiana sarebbe stato risolto. Da tutti gli stati italiani partirono eserciti regolari e volontari per la guerra d’indipendenza.
Ma due fatti sconvolsero il progetto originale e diressero in altra direzione il corso degli eventi.
Carlo Alberto pretese, in cambio dell’aiuto militare, che Milano accettasse l’annessione al Regno di Sardegna, manifestando la volontà di estendere il proprio regno nel nord Italia, per cui quella che doveva essere la guerra d’indipendenza italiana si trasformò in guerra tra il Regno dei Savoia e l’Impero austriaco.
L’Allocuzione di Pio IX , in cui, tra l’altro, si affermava l’inopportunità per il Papa di combattere contro uno stato cristiano, attestò con chiarezza che il Papa non avrebbe potuto presiedere una confederazione di stati italiani, come aveva immaginato Gioberti.
La Prima guerra d’indipendenza finì con la sconfitta militare del Piemonte, con la fine del progetto politico neoguelfo, e con la restaurazione del potere imperiale austriaco su Milano e Venezia.

Il progetto dell’unità non venne meno. Constatata l’impossibilità di una federazione presieduta dal Papa, secondo la proposta di Gioberti, riprese vigore il disegno politico del Mazzini, che voleva l’Italia una, libera e repubblicana, come era stato espresso nel programma della Giovane Italia sin dagli anni ’30 e che si era tentato di realizzare durante la crisi della Prima guerra d’indipendenza a Roma e a Firenze.
Mazzini, anche dopo il fallimento delle esperienze del ’48, sostenuto dal suo credo romantico-religioso, tenne viva l’attenzione per l’unità d’Italia con l’azione e il sacrificio di tanti giovani che offrirono la loro vita per la libertà e l’unità d’Italia.

Intanto entrava sulla scena politica Cavour, sostenitore della monarchia costituzionale e del riformismo graduale dello stato. Primo ministro della monarchia sabauda, gestì abilmente la politica interna dello Piemonte in modo da ammodernizzare l’economia.
Nella politica estera seppe abilmente inserirsi tra le grandi potenze europee e sollecitare la soluzione del problema italiano.

Garibaldi, generale o mercenario, certamente fu un grande condottiero che seppe guidare abilmente gli eserciti dei volontari in Italia e in America Latina. Sebbene condividesse gli ideali mazziniani, si pose sempre al servizio di chi lottava per l’indipendenza e l’unità d’Italia, e a Teano seppe realisticamente rinunziare all’istituto repubblicano a vantaggio di quello monarchico, pur di conseguire l’unità del Paese.

La guerra di Crimea e la conseguente pace di Parigi, offrirono al Cavour l’opportunità di porre in un consesso internazionale il problema italiano.
Gli accordi di Plombières, tra Cavour e Napoleone III, se proponevano l’estromissione dell’Austria dall’Italia e l’estensione del territorio Sabaudo, di fatto stabilivano l’egemonia francese in l’Italia. La regione Italia sarebbe stata divisa in tre stati il Nord sarebbe stato annesso al Piemonte, il centro e il sud sarebbero stati controllati indirettamente dalla Francia.
Anche la Seconda guerra dell’indipendenza italiana non conseguì gli esiti stabiliti.
Napoleone III, per l’andamento della guerra in Italia a fianco di Vittorio Emanuele II e per le opposizioni politiche in Francia, firmò l’armistizio di Villafranca. Alla pace di Parigi si stabilì che l’Austria avrebbe rinunciato a Milano a vantaggio del Piemonte, che a sua volta, come stabilito nell’accordo di Plombières avrebbe ceduto la Savoia e Nizza alla Francia.

Intanto nell’Italia centrale erano scoppiate delle rivolte di mazziniani e della Società Nazionale, che avevano deposto i sovrani legittimi e dato vita a stati indipendenti.
Il Congresso di Parigi non permise l’intervento dell’Austria per restaurare i vecchi sovrani, pertanto furono indetti dei plebisciti con cui le popolazioni degli stati resisi indipendenti decisero l’annessione al Piemonte. Fu un evidente successo per la politica di Cavour, che riuscì ad unire sotto la casa Sabauda oltre alla Lombardia, anche Parma, Modena, l'Emilia, la Romagna e la Toscana.
Contro ogni previsione, il destino dell’Italia sembrava segnato.

Cavour, legato dagli accordi internazionali, era nell’impossibilità di compiere altre azioni a favore dell’unità. Ripresero l’iniziativa i mazziniani.
Con la complicità di re Vittorio Emanuele II, i Mille partirono da Quarto, andarono Talamone e poi a Marsala, da dove incominciò la liberazione della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia.
Ancora una volta interviene Cavour, che, col pretesto di sostenere l’ordine monarchico contro quello repubblicano mazziniano, permette a Vittorio Emanuele II di scendere nell’Italia meridionale, a capo dell’esercito piemontese, e ottenere, in seguito a plebiscito, l’annessione del Regno delle due Sicilie al suo regno.

Il 17 marzo 1861 viene proclamato il regno d’Italia, anche se mancano alcune parti della Penisola.
Il 1866 sarà conquistato il Veneto,in seguito alla guerra Asutro-Prussiana.

Il 1870, in seguito alla sconfitta della Francia nella guerra Franco Prussiana, anche il Lazio farà parte integrante dell’Italia, con l’occupazione di Roma da parte dell’esercito italiano e l’abbattimento dello Stato Pontificio.

Solo dopo la Prima guerra mondiale, l’Italia potrà raggiungere il confine naturale settentrionale (lo spartiacque meridionale delle Alpi) con l’annessione del Tirolo meridionale (Alto Adige), Trieste e l’Istria meridionale.