martedì 10 febbraio 2009

Il Popolo

La parola popolo, come avviene per tanti voci delle varie lingue, assume significati diversi in relazione al tempo e alle circostanze politiche e culturali.
L'articolo 1 della Costituzione Italiana afferma: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il popolo in questa circostanza è chi detiene la sovranità e la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti. Non essendoci democrazia diretta, il popolo esprime la sua volontà, di solito attraverso le elezioni dei propri rappresentanti o attraverso la partecipazione ai rari referendum. A tali attività possono partecipare coloro che hanno il diritto di cittadinanza e sono maggiorenni. Quindi per la nostra Costituzione per popolo si intende l'insieme degli uomini che risiedono stabilmente nello Stato, hanno la cittadinanza italiana ed esercitano la sovranità.
Tale definizione, che corrisponde alla concezione giuridica di popolo, non esaurisce i significati attribuiti alla parola popolo. Sin dall'antichità si considerava popolo un gruppo di uomini, che avendo trascorso insieme un lungo periodo, avevano accomunato esperienze, cultura, sentimenti e si erano date istituzioni giuridiche più o meno evolute.
“Questo paese fu l'immutata dimora, nella vicenda di generazioni infinite, dello stesso popolo, il cui coraggio l'ha trasmesso a noi libero...” (Tucidite, Guerra del Peloponneso)
Nella storia per popolo si intende l'insieme di individui che formano delle comunità più o meno ristrette, città-stato-impero, che sono legati da vincoli di sangue, di cultura, di interessi e vivono rispettando delle norme tramandate per tradizione o ben definite da leggi, e nell'età contemporanea codificate in una costituzione (popolo di Dio, popolo ateniese, popolo ramano …)
Per lunghi periodi al popolo non è stato concesso alcun diritto di sovranità, perché questa era delegata da Dio agli imperatori, ai papi, ai re il popolo doveva a questi obbedienza, se non proprio servitù, era suddito.
Con l'evoluzione economica e culturale prima le classi aristocratiche, quindi le classi borghesi, infine tutto il popolo, tramite rivoluzioni e lotte sociali hanno conquistato il diritto della piena cittadinanza e quindi è stato riconosciuto loro il diritto di sovranità, peraltro non ancora riconosciuto in tutti gli stati del mondo.
Nell'età romantica per popolo, vedi per esempio Mazzini, si intende quella comunità in cui vari individui si sentono parte integrante, come unità spirituale (Dio e Popolo) per cui tutti sono chiamati alla sua realizzazione e alla sua difesa.
Anche nella retorica politica e culturale spesso si esalta o si celebra il popolo per le sue azioni o per le sue conquiste o in genere per il suo valore.
Il concetto di popolo ha affinità di significato con quello di cittadinanza, nazionalità, o semplicemente popolazione.

2 commenti:

Paolo Beltramo ha detto...

Cos'è un popolo? Chi è il popolo? Gente e popolo sono la stessa cosa? Sono le tre importanti e delicate domande con le quali il sociologo e politologo spagnolo Enrique Zamorra apre la sua "Introducion a uno concepto de politiqua democratica y masificada" (lungimirante trattato del 1921). Egli individua svariate concezioni di popolo, ma le riconduce essenzialmente a due paradigmi. Il primo è quello dell'organicismo, cui si posso ricondurre le visioni olistiche, nazionalistiche e populiste; l'altro è quello atomistico, cui fa riferimento la democrazia. La concezione olistica è rappresentata dal famoso apologo di Menenio Agrippa, su cui non mi soffermerò: è fin troppo noto. L'altra è esemplificata alla grande dall'oscuro apologo riferito dal monaco e storico portoghese del '500 Tomàs Mou Chaccia e attribuito al logografo latino del VI secolo Stevio nella sintesi "Progetto di rassegna dei miti e dei detti notevoli". Nella terra dei Parti -racconta l'apologo- la sepoltura avviene senza cerimonie e i cadaveri sono seppelliti in fosse comuni: i sacerdoti di quei paesi ritengono che il mondo dei morti e quello dei vivi debbano rimanere estranei e che i morti siano tutti uguali. Ma una vedova distrutta dal recente lutto dell'amatissimo marito si reca piangente dal sommo sacerdote a reclamare una degna sepoltura per il morto. "Vorrei sapere dove versare le mie lacrime, dove levare le preghiere, dove lasciare un saluto", implora la donna. "E' contrario alle leggi: i morti sono morti, non hanno nome!", risponde il sacerdote. "No, non è così. I suoi occhi luccicavano di un bagliore che luccica negli altri, la sua pelle profumava di un profumo di cui nessuno profuma, le sue mani erano ornate di calli che le mani altrui non ornano. Egli era mio marito, mio e di nessun'altra! Ora è il mio morto! Ora egli vive nel mio ricordo così come mai vivrà nel ricordo altrui. Come puoi tu affermare il contrario?". Le parole della donna commossero il gran sacerdote, che decise d'introdurre nella Partia la sepoltura individuale dei morti. L'apologo non può che farci riflettere sull'assoluta irripetibilità degli individui, valore che viene prima di ogni altro.

Giulio ha detto...

Signor Paolo Beltramo, grazie per il suo intervento sul mio blog, condivido con lei l'assoluta irripetibilità degli individui e la conseguente necessità della democrazia.
Il fatto che un individuo sia unico e irripetibile non significa che si sia fatto da sé e non condivida con altri bisogni e attività.

Nelle piccole comunità la solidarietà e spesso anche i contrasti sono percepiti immediatamente, nei grandi agglomerati c'è una maggiore dispersione per cui i rapporti umani sono più convenzionali ma svolgono la stessa funzione.
Il vivere insieme per tanto tempo, il condividere il linguaggio, i comportamenti e quindi, anche se in diverso modo, la “cultura”, …. contribuiscono a forgiare la comunità e il popolo.
Se sia più importante il singolo o il “popolo” dipende dalle varie sensibilità, espresse in dottrine filosofiche, come lei segnala nel suo intervento. Personalmente, pur ammettendo l'unicità della persona, ritengo che l'individuo sia il risultato oltre che delle leggi naturali anche degli sviluppi culturali della società in cui vive (la valutazione di tale incidenza può essere giudicata in senso positivo o negativo, ma non si può negare).

Giuridicamente il popolo è l'insieme degli abitanti di uno stato, che hanno diritti di cittadinanza.
La Costituzione Italiana afferma che la sovranità appartiene al popolo, e attribuisce tale esercizio ai cittadini che hanno compiuto i diciotto anni.

Non riscontro una grande differenza tra popolo e gente, anche se nel mondo romano la gens indicava gli individui che avevano legami di sangue, e spesso stirpe o popolo.
Nell'uso comune alcuni e-gregi, specialisti della politica o della cultura, ritenendosi al di sopra del gregge (popolo), usano i termini popolo e gente per indicare gli individui comuni che non sono alla loro “altezza”... non comprendo la loro arroganza.

Spesso gli individui, soddisfatti del particolare stato di benessere o gravati dalle necessità, dimenticano di far parte del popolo e delegano costantemente ad altri tali responsabilità. Molti altri non vedendo immediati risultati del loro agire politico si lasciano dominare dalla sfiducia e preferiscono affidarsi ad individui più fortunati e più forti.

L'irripetibilità degli individui è la ricchezza del popolo, che deve trovare tramite l'impegno del maggior numero possibile dei propri componenti, quella giusta mediazione per poter garantire un equilibrato soddisfacimento dei bisogni e una dignitosa vita per tutti...
Un saluto da Giulio.