venerdì 20 novembre 2009

L'illusione della democrazia

La Costituzione Italiana afferma che la sovranità appartiene al popolo.
Tale sovranità il popolo la esercita con l'elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, con un'eventuale proposta di legge popolare, con il referendum.
La seconda e la terza possibilità dell'esercizio della sovranità vengono effettuate raramente e in circostanze straordinarie.
L'elezione dei componenti le due camere del Parlamento è l'unica partecipazione ordinaria dell'esercizio della sovranità popolare; tuttavia tale attività è mediata dai partiti che propongono i programmi, preparano le liste dei candidati, e cercano il consenso soprattutto al momento delle elezioni.
È comprensibile che persone con preparazione culturale e tecnica oltre che di riconosciuto impegno politico siano preposte alla direzione dei partiti o siano elette quali rappresentanti ai vari livelli politici. Ma chi valuterà l'efficacia della loro azione politica? Chi giudicherà che il loro impegno profuso rispetti la sovranità popolare?
Sarà il dialogo costante con i cittadini a sostenere la loro azione e questi esprimeranno il loro giudizio e il loro consenso con le elezioni.
Pertanto i candidati a rappresentare il popolo ai vari livelli istituzionali, dovrebbero condividere le varie problematiche politiche ed essere il più vicino possibile ai propri elettori.
Con la legge elettorale in vigore in Italia la sovranità popolare è gravemente limitata, perché con il premio di maggioranza è vero che si facilita la formazione di una maggioranza parlamentare e la formazione di un governo, ma tale maggioranza non rappresenta nemmeno la metà della sovranità popolare.
Inoltre la medesima legge, proponendo la votazione per liste bloccate, toglie al popolo l'esercizio del diritto di scegliere come suoi rappresentanti quei candidati che ritiene più vicini alle sue esigenze politiche e che ritiene più efficaci nel loro impegno.
Infine riduce ulteriormente la possibilità di valutazione e di scelta dei candidati, perché permette che i candidati proposti dagli organi centrali dei partiti siano inseriti in più liste.
Se durante la “Prima Repubblica” si criticava la partitocrazia perché riduceva la sovranità popolare; in questa nuova esperienza politica sembra che il popolo si stia affidando ad una équipe manageriale, rinunciando ad esercitare la propria sovranità.
L'ardente desiderio della democrazia, intesa come partecipazione, come coinvolgimento, come sovranità popolare per cui tanti animi generosi si sono sacrificati è ridotto all'illusione di scegliere un programma astratto, la cui gestione è affidata a individui selezionati e imposti dai partiti (o da qualcuno che si è imposto come leader, infatti anche i partiti hanno perso i loro connotati ideologici per diventare semplici strumenti di potere).

giovedì 19 novembre 2009

Sovranità popolare e governanti

Quando un popolo rivendica la propria libertà, chiede di partecipare alla gestione della sovranità, con l'intervento quanto più diretto possibile nella formazione delle leggi e con il controllo della loro applicazione. In tal caso l'assemblea legislativa occupa un ruolo determinante nella vita politica di una comunità.
La divisione dei poteri dello stato è un'ulteriore garanzia della libertà, perché soprattutto negli stati di grande estensione, i cui rappresentanti sono un piccolo numero nei confronti della popolazione, questi potrebbero sostenere interessi di parte piuttosto che espletare compiutamente il loro mandato che è la difesa del bene comune, il controllo da parte del potere giudiziario, limita tale rischio. Inoltre il potere esecutivo, dovendo rispettare le leggi approvate dal legislativo, non agirebbe arbitrariamente, ma opererebbe nel rispetto della libertà del popolo.
Dopo momenti di arbitrio, di assolutismo o di dittatura, spesso il popolo, ribellandosi, riesce a conquistare la democrazia che garantisce la libertà politica di quanti l'hanno richiesta e ottenuta.
Purtroppo coloro che sono preposti al governo dello stato, quelli che, ripetutamente eletti, diventano professionisti della politica, cercano di difendere il ruolo acquisito, e riducono l'incidenza delle scelte dei cittadini.
La democrazia, basata sul consenso del popolo e dei suoi rappresentanti, sembra difficile da gestire, soprattutto quando nelle assemblee si difendono interessi di parte piuttosto che l'interesse generale del popolo, si prolungano consapevolmente le discussioni e si rimandano le decisioni, provocando la lentezza legislativa se non proprio l'immobilismo.
In tale circostanza l'esecutivo ritiene di proporre nuove norme di amministrazione della sovranità, riducendo il potere del legislativo e assumendosi la responsabilità delle decisioni con decreti propri, riducendo di fatto il parlamento ad una funzione di semplice consenso dell'operato del governo.
Un parlamento, rassegnato a tale ruolo, perde la propria funzione di espressione della volontà popolare e quindi propositiva, la democrazia e la sovranità popolare è sacrificata.
Il parlamento dovrebbe darsi dei regolamenti, che pur non svilendo il dialogo e i vari dibattiti tra le varie espressioni politiche che il popolo ha manifestato con le elezioni, possa addivenire in tempi convenienti a delle determinazioni largamente condivise.
Invece spesso cede alle pressioni dell'esecutivo, approvando delle leggi elettorali che limitano l'espressione della volontà dei cittadini e dello stesso parlamento, e sacrifica la sovranità popolare.