martedì 23 aprile 2013

… si costituisce una scala di valori fondata sulla stima che ciascuno sa suscitarsi intorno, per cui, eccellendo in un determinato campo, può conseguire un incarico pubblico, in virtù delle sue capacità…(TUCIDIDE)


 
Chi eleggere? Per quanto tempo?

Con il sistema elettorale in vigore (legge n. 270 del 21 dicembre 2005) queste domande emergono spontanee, perché non c’è un diretto rapporto tra parlamentari e popolo, in quanto questi non sono scelti dai cittadini ma dalle direzioni di partito con l’avvallo esplicito o implicito del presidente o del segretario o non so come definire i dirigenti (fuori del Parlamento) del M5S. Giustamente ci si chiede perché devono stare lì per tanto tempo? Oppure, come qualcuno si è chiesto, chi può arrogarsi il diritto di giudicare i parlamentari come presentabili o impresentabili? Non esiste alcuna istituzione, tranne la Magistratura per alcuni reati, che possa dare risposte a tale domande.

Anche quando un partito, per un criterio interno, stabilisce che si può essere candidati per due o tre legislature non mi sembra un criterio adeguato, perché possono esserci dei parlamentari che, oltre ad aver stabilito dei rapporti efficaci con il popolo, si sono distinti per il loro impegno politico, e hanno acquisito efficaci esperienze di politica nazionale e internazionale, che sono utili ai fini della gestione della res pubblica.

Ritengo che una risposta possa essere data riprendendo in considerazione l’affermazione di Tucidide della Grecia classica: anche nell’Atene democratica si poneva il problema di chi dovesse occupare un ruolo pubblico. Ecco la risposta: in un popolo ci sono tanti interessi e tante occupazioni, ognuno cittadino stabilisce tante relazioni per cui “si costituisce una scala di valori fondata sulla stima che ciascuno sa suscitarsi intorno, e eccellendo in un determinato campo, può conseguire un incarico pubblico, in virtù delle sue capacità”.

La valutazione di chi andrà in Parlamento spetta al popolo che riconoscendo le capacità professionali e i rapporti politici dei candidati sceglierà l’uno piuttosto che l’altro. Per rendere conoscibili tali capacità, è opportuno che ci siano collegi elettorali legati al territorio e poco estesi, sufficienti per poter stabilire dei rapporti politici tra eletti ed elettori, basati sulla stima e sulla fiducia.

Certamente la scelta spesso può essere non del tutto ponderata, per disinformazione, per ingannevole retorica elettorale, alcune volte per subordinazione socio-economica.

Chi vuole vivere in un paese democratico deve informarsi e interessarsi, anche quando vige una democrazia rappresentativa. Gli effetti delle leggi ricadono sulla vita di ciascuno, e se i cittadini non sono tutti esperti di politica, possono valutare l’incidenza delle leggi sulla vita di ogni giorno e comportarsi di conseguenza.

Per quante legislature devono essere elette le stesse persone? Fino a quanto resiste il rapporto di stima tra ciascun rappresentante e i suoi elettori. Ritengo opportuno comunque che venga stabilito un limite di età (75 anni come avviene per i vescovi?) oltre il quale  l’esperienza e la saggezza degli uomini politici possa essere messa al servizio della comunità sotto altre forme, piuttosto che con un impegno parlamentare o istituzionale (ciò potrebbe essere opportuno anche in tanti enti istituzionali ed economici).   

sabato 13 aprile 2013

re[L]azioni presentata dall’attrice Bianca Nappi


Ho seguito con piacere e interesse lo spettacolo teatrale     re[L]azioni. L’attrice Bianca Nappi ha presentato i due monologhi di Neil LaBute, con grande efficacia, trascinando il pubblico nei labirinti del pensiero dell’autore, con una recitazione avvincente e coinvolgente. Attraente è stata quando, rivolta verso il pubblico, ha inveito contro lo spasimante. Brava Bianca nel rendere reale sulla scena ogni evento che racconta.

I due monologhi, anzi tre, riferiscono tre stati d’animo differenti in qualche modo unificati dalla immediatezza della reazione, e dalla visione estetica delle circostanze.

Una donna in attesa è tradita dal suo uomo, pertanto decide di cogliere dell’amore l’esaltazione del piacere non ripetibile; "uno, uno per una volta", la relazione rimane sensuale, superficiale, viene meno in lei la fede nell'amore grande, duraturo, eterno.

Inveire contro l’Islamismo in modo paradossale  ed esaltare l’operato del presidente Bush, se può essere una reazione comprensibile, una reazione immediata all’attentato dell’11 settembre, che giustamente richiede l’individuazione e la punizione dei colpevoli, non può essere trasformata in guerra di cultura (o di religione). Si sarebbe trascinati nello stesso fanatismo e acuirebbe ancora di più la radicalizzazione culturale, per cui la critica  della scelta politica di Obama mi sembra esagerata.

Anche l’invettiva contro il corteggiatore  è una reazione  forte, immediata, della donna che vuole difendere la propria dignità e libertà, nei confronti dell'uomo che la vorrebbe  legata a sè con un vincolo di subordinazione.

La libertà è la possibilità di autorealizzarsi di scegliere il proprio modo di vivere, ciascuno con la propria bellezza e con i propri rischi. E' l’esistente (uomo o donna) che porta il peso della scelta, sperando che non cadi nell’angoscia...