giovedì 16 aprile 2009

Ciao Marika

La conoscenza non è altro che la scoperta dell'essere, ovvero la ricerca del vero.Άλήθεια (verità), secondo i filologi, ha la stessa radice di λανθάνω (sto nascosto) con tema λαθ e ληθ, da cui, aggiungendo α privativa, deriva αληθεια, perciò la verità-scoperta è il risultato dello svelamento dell'essere, la conoscenza è tale svelamento.I testi antichi attestano che la facoltà che distingue gli uomini dagli animali è la conoscenza. Anche la Bibbia nella Genesi attesta che il primo atto compiuto dall'uomo, fu la trasgressione dell'ordine divino di “non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male”, questo fu il peccato originale che segnò il destino dell'umanità.L'uomo vorrebbe conoscere tutto, gli antichi dicevano l'Essere, il Principio, ovvero la vita dall'origine al termine; tuttavia deve continuare a cercare, a svelare il mistero che ancora lo circonda.Cosa sollecita l'uomo alla conoscenza? Aristotele afferma che l'uomo è spinto alla filosofia (ricerca della verità) dalla meraviglia, perché solo un uomo libero da bisogni o da interessi può contemplare le meraviglie della vita. In realtà in ogni età e in ogni condizione l'uomo di fronte ad eventi ignoti, sia che questi destino meraviglia sia che suscitino paura o ansia per l'ignoto, cerca di svelare l'arcano per poterlo dominare.Ma la conoscenza non è solo filosofia (scienza teoretica), ma serve per la sopravvivenza, per soddisfare i bisogni della vita. Platone nel Protagora narra della nascita degli esseri viventi a cui Protagora e Epimeteo distribuirono i vari strumenti o attitudini per potersi difendere e sopravvivere, ma si dimenticarono dell'uomo, per cui rubarono agli dei la scienza tecnica e il fuoco e la distribuirono agli uomini perché potessero costruire gli strumenti per soddisfare i loro bisogni di vita.Cosa può conoscere l'uomo? Vorrebbe conoscere tutto, tuttavia deve lavorare costantemente per svelare quella parte di vita che gli è consentita con i propri mezzi. La sua conoscenza è limitata dal punto di vista da cui parte la sua ricerca e dagli oggetti che entrano nel suo campo di ricerca. Tuttavia l'umanità ha accumulato nel corso dei secoli una grande quantità di conoscenze che mette a disposizione delle giovani generazioni, con la speranza che queste la incrementino ulteriormente.L'incremento della conoscenza segna anche l'aumento della libertà e della responsabilità dell'uomo.Kant parlando dell'Illuminismo diceva che quell'età era l'età della giovinezza dell'umanità, perché i giovani si pongono tante domande nel momento che si affacciano alla vita e devono operare le scelte per il loro futuro. Inoltre invitava a “osare pensare” per uscire dalla minore età: molti temono di mettersi in discussione o di criticare gli altri perché non vogliono crescere, vogliono vivere in qualche certezza che gli viene offerta dal passato, ma il passato è passato e non torna più, bisogna costruire le condizioni ottimali per il futuro. Se l'uomo vuol essere libero deve pensare e assumersi le responsabilità del proprio futuro. Affrontare il futuro, affrontare l'ignoto suscita preoccupazione e paura, la conoscenza ci offre degli strumenti di orientamento, dei mezzi per valutare eventuali rischi, dei consigli di prudenza, ma noi, uomini responsabili, non possiamo fermarci, come le future generazioni sveleremo parte della vita.
Ciao, auguri per la tua vita
Giulio

mercoledì 8 aprile 2009

Vivere con saggezza

La bellezza è la perfezione dell'essere.
Platone al vertice della scala gerarchica delle idee pone il Bene e a questo attribuisce la Bellezza.
E come il Sole agli oggetti visibili “conferisce non solo la facoltà di essere visti, ma anche la generazione, la crescita e il nutrimento, pur senza essere esso stesso generazione”,... “anche gli oggetti conoscibili non solo ricevono dal bene la proprietà di essere conosciuti, ma ne ottengono ancora l'esistenza e l'essenza, anche se il bene non è essenza...” (Platone, Repubblica)
Anche Aristotele, con altre argomentazioni, pone come Principio e Fine di ogni essere finito l'Atto puro, un essere solo forma ovvero senza potenzialità, un Essere Perfetto a cui tendono tutti gli esseri.
I filosofi che ritengono che gli esseri derivino da un Essere Perfetto, ritengono che gli stessi condividono con questo l'essere e la bellezza. Ogni essere è più o meno bello secondo il posto che occupa nella scala degli esseri, ovvero secondo la perfezione conseguita.
Nel tempo e nello spazio, gli esseri contingenti godono degli attributi di bontà e di bellezza, nei limiti e nell'ordine del proprio essere. La natura è bella nell'armoniosa diversità, e ciascun individuo vivente e non vivente partecipa alla composizione di tale armonia.
Nel dibattito filosofico non tutti hanno condiviso tale ontologia, anzi è andata sempre più maturando la considerazione dei limiti della conoscenza umana nel cogliere le essenze degli esseri. Molti sono pervenuti alla convinzione che l'uomo non possa andare oltre la conoscenza fenomenica degli esseri, ciò tuttavia non ostacola la possibilità di esprimere il gusto estetico.
Kant nella sua speculazione filosofica ha distinto la conoscenza scientifica dal giudizio estetico.
Nella conoscenza scientifica la ragione produce giudizi determinanti, ovvero dall'esperienza attinge gli aspetti fenomenici del mondo e tramite le forme a priori e le categorie (le leggi secondo cui opera il pensiero) le trasforma in concetti e leggi fisiche (nessi necessari). Nell'affermazione del bello il pensiero produce giudizi riflettenti, in quanto nel rapporto estetico tra soggetto e mondo circostante, o opera d'arte, emerge l'armonia esistente tra mondo interiore e il mondo esterno.
“Per discernere se una cosa è bella o no, noi non riferiamo la rappresentazione all'oggetto mediante l'intelletto, in vista della conoscenza; ma, mediante l'immaginazione (forse congiunta con l'intelletto) la riferiamo al soggetto, e al suo sentimento di piacere o dispiacere. Il giudizio di gusto non è dunque un giudizio di conoscenza, cioè logico, ma è estetico; il che significa che il suo fondamento non può essere se non soggettivo.” (I. Kant, Critica del Giudizio)
La bellezza non è sapere scientifico ma è una percezione che ognuno ha intuitivamente; pertanto non si può educare ad essa con l'apprendimento di regole tecniche, ma raffinando il gusto con la ripetuta contemplazione delle opere belle.
I romantici, rompendo con la ragione illuministica, hanno ritenuto di superare i limiti imposti dal mondo fenomenico e dalla conoscenza razionale esaltando le passioni, i sentimenti e la fede.
La bellezza, a volte serena a volte cupa, emerge dalla simbiosi dell'uomo e della natura. L'età romantica sembra un momento di liberazione, ma certe pitture romantiche sprigionano un cupo sentimento di nostalgia, di tristezza.
La “Bellezza”, il gusto di vivere, i sentimenti possono essere una guida sicura nella vita? Kierkegaard afferma che vivere secondo lo stadio estetico è una dei possibili stili di vita. E tanti, anche dei grandi filosofi, ritengono che una vita guidata dai sentimenti e dal gusto sia quella più spontanea, più naturale, in quanto libera da legami formali e da leggi imposte dall'esterno. Tuttavia la vita insegna che i sentimenti e la stessa bellezza sono cangianti e in alcune situazioni sono sereni e pacati in altre sono cupi e tormentosi, per cui sin dall'antichità si riconosceva al sapere e alla ragione la funzione di moderare e orientare i sentimenti o le passioni.
Il sentimento e la ragione sono due facoltà dell'uomo, e questi non può fare a meno di utilizzare e armonizzare l'una e l'altra. La ragione, sin dall'antichità, è stata riconosciuta la facoltà caratterizzante l'uomo, quella che gli offre la possibilità di ricercare l'armonia interiore e di superare i conflitti con gli altri. Anche se l'esperienza storica insegna che in tanti momenti le passioni hanno sconvolto tante persone e a volte il mondo intero, è pur vero che a questi momenti sono seguiti altri in cui con una serena riflessione sono state appianate tante divergenze ed è stata ricostruita un pacifica convivenza tra i popoli.
Molte volte si pensa di ritornare in un mondo primordiale, bucolico (sereno o terribile? Chi sa?). Noi viviamo in questo mondo frutto di tanti eventi vissuti dalle passate generazioni con passioni e razionalità, noi non possiamo fare a meno di continuare a sviluppare questa trama di eventi con sentimento e razionalità. Il piacere di vivere non può basarsi solo sul sentimento e sul gusto estetico, ma necessita di tanta saggezza, che, pur non mortificando i sentimenti e il gusto del bello, sappia armonizzarli e indirizzarli verso il meglio. Non dimentichiamo che “il sonno della ragione genera mostri” (Goya)