giovedì 8 dicembre 2016

Un ideale utopico


Mio padre mi ricordava spesso un detto in dialetto che in italiano vuol dire “Anche quando Dio fa piovere fa male e bene” per significare che ogni scelta che facciamo non può essere condivisa da tutti e aggiungeva cerca di agire nel modo più retto possibile e non preoccuparti dei giudizi negativi degli altri perché ci sarà sempre qualcuno che remerà contro.

In politica questo si verifica spesso, alcune volte per valide motivazioni ideologiche o per interessi di classi o ruoli sociali, altre volte per pregiudizi, per sentimenti di simpatia o antipatia. Di conseguenza più iniziative e scelte si fanno, più nemici si accumulano. Infatti chi ha trovato positive a suo vantaggio le scelte fatte le ritiene come diritti che giustamente gli spettano e non deve alcuna riconoscenza, chi invece ritiene di essere danneggiato per le stesse scelte alimenta rancore se non odio verso chi ha dovuto farle, per dare risposte a circostanze pesanti per tutti.

Il potere logora? Andreotti avrebbe detto “ il potere logora chi non ce  l’ha”, di fatto lui ha accumulato tanti nemici e tanti detrattori che la retorica politica dei partiti all’opposizione ha esaltato rendendolo tiranno e nemico dell’istituzioni che lui per tanti anni aveva retto.

Un giudizio sereno, quasi impossibile per quelli che ragionano con la pancia o stimolati da rancori pregressi, dovrebbe fondarsi sulla conoscenza e sull’analisi delle singole decisioni e sui reali effetti sulla comunità.  Questo dovrebbe avvenire sempre in un paese democratico; un ideale utopico?

lunedì 7 novembre 2016

L’infinito




Chiudo gli occhi e percorro le vie infinite dell’universo, minuscolo granello di sabbia di un deserto infinito, goccia del ciclo della vita.

Un anno luce, cento anni luce, milioni di anni luce …

Quali sono i suoi confini? E se ci sono i confini cosa c’è oltre?

Di fronte alla meraviglia dell’universo sin dall’antichità l’uomo ha cercato di trovare spiegazioni : origini, cause e senso.

Ancora oggi con strumenti sempre più sofisticati, satelliti artificiali e telescopi astronomici, si cerca una possibile risposta. Si incrementano le conoscenze, si elaborano teorie, ma i confini si allargano sempre di più.

Qualcuno ha osato calcolare la quantità di materia esistente in esso, ma non si è posto la domanda di cosa c’è oltre.

L’infinito resta una delle tante parole che si intuiscono, ma continuano ad essere un mistero per la nostra conoscenza.

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Quante stelle stasera, una volta nera ricamata di tanti punti brillanti, più o meno luminosi. Sembra un manto protettivo, che raccoglie e rasserena le mille vicende che hanno affaticato l’umanità nella giornata luminosa.

La scienza ha infranto questo incanto, gli astri hanno distanze variabili, molte distano tanti anni luce, forse vediamo la luce di stelle che non esistono più. Anche le stelle vivono, si muovono e si attraggono tra di loro in una misteriosa armonia.
Newton ha intuito e fissato la legge di gravitazione universale, ma l’equilibrio stabilito con questa legge è provvisorio ci sono dei meteoriti vaganti tra i corpi celesti che si aggregano con altri più grandi modificando le loro masse. Le comete sembrano obbediscano ad altre norme. Ultimamente sono state accertate onde gravitazionali che derivanti forse dai così dette buchi neri pervadono l’universo.

Un meraviglioso equilibrio instabile regola l’armonia dell’universo. 

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In questi giorni in Italia abbiamo rivolto la nostra attenzione sui terremoti per quanto sta accadendo nel Centro Italia, ma sappiamo bene che la crosta terrestre è in continuo movimento, per la deriva dei continenti, per l’inesorabile movimento delle placche, per il vulcanismo.

Gli oceani e i mari sono scossi dall’interno dalle correnti marine, dall’esterno dai venti, ora lievi ora impetuosi, e alimentano varie e numerose specie di pesci.

L’atmosfera è in continuo fermento, e in un moto perpetuo genera correnti d’aria e venti, che generano nubi di varie densità e distribuiscano acqua alle varie parti del pianeta, in  tal modo le piante e gli animali riescono a trarre sostentamento per la propria vita.

La Terra, questo nucleo di vita, viaggia, come una trottola, a gran velocità intorno a se stessa, con la Luna corre intorno al Sole, e attratti tra di loro percorrono l’Infinito.
A fatica l’uomo vuole svelare se stesso e il mondo in cui vive, è riuscito con la scienza a connettere diversi aspetti contingenti, a modificare alcuni stili di vita, ma d’avanti a lui c’è ancora tanto spazio per la meraviglia e per il mistero.

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sabato 12 marzo 2016

I trulli di Ruvo di Puglia


I trulli (r’ casidd’) di Ruvo di Puglia


Tante volte ho percorso una stradina interpoderale della contrada Pezza Le Monache (Strappete), che porta ad un fondo rustico di proprietà prima di mio padre, ora mia. Da piccolo, sul traino tirato dalla mula, guardavo con attenzione le piccole casette in pietra sparse nei campi; in seguito, sia per la velocità dei nuovi mezzi di trasporto sia per la famigliarità dei luoghi acquisita con la frequentazione abituale, non ho prestato loro alcuna considerazione.

Non molto tempo fa, durante una pausa, mi sono guardato intorno e ho visto una “casedda”(che da ora in poi chiamerò trullo) in un campo confinante al mio che manifestava un grave crollo. Questa circostanza suscitò in me un’emozione e una riflessione: “come è cambiata l’esistenza dei contadini, quanta fatica hanno fatto i nostri antenati, i nostri padri, e ora anche le loro opere cadono a pezzi”.

La contrada porta il nome di Pezza Le Monache o Strappete (molto presumibilmente derivante da sterpeto, terreno incolto, pieno di sterpi); era un grande appezzamento appartenente a un convento di suore e questo lo avevano affidato ai contadini di Ruvo sotto forma di “livello” una specie di colonia (solo l’anno scorso, notando che il mio campo, ricevuto in eredità da mio padre, era gravato ancora di questo onere, ho chiesto e ottenuto l’affrancazione).

A ciascun contadino era stato attribuito un appezzamento di circa 40 are, e questi doveva dissodarlo e, in cambio di un canone, poteva utilizzarlo per sé. Qui coltivava un piccolo orto, seminava grano o legumi … un’economia di estrema sussistenza.

Il campo dista da Ruvo circa 6/7 km, oggi con un trattore o un’automobile si può raggiungere in 10/15 minuti, ma all’epoca a piedi o con un mulo i contadini impiegavano diverse ore; se si considera che i lavori erano realizzati  con l’aiuto di zappe e, per i più abbienti, con l’aratro tirato dall’asino o dal mulo, spesso non era conveniente ritornare in giornata al paese e si preferiva restare qualche giorno in campagna (si diceva “a sta fore”, a stare fuori - non rincasare).

La zona, come gran parte del territorio di Ruvo, è ricca di pietra per cui i contadini, dissodando i terreni, accumulavano le pietre e con queste costruirono le casette con muro a secco simili ai trulli che si incontrano in diverse zone della Puglia, i più noti sono quelli di Alberobello.



Ebbene vedendo il trullo che presentava un’ampia frana, mi venne la curiosità di visitarlo. Non era un semplice riparo,  all’interno c’erano delle nicchie dove poggiare oggetti e viveri, e nella parte più interna era ricavata una mangiatoia per il mulo.

Mi ricordai un evento della mia fanciullezza. Un giorno d’estate andai con mio padre, i miei fratelli in una podere di mio padre lontano una ventina chilometri dal paese, pertanto ci fermammo due notti in campagna, non in un trullo ma in un altro tipo di ricovero che si può trovare ancora nel territorio, anche se spesso in uno stato fatiscente e alcune volte restaurato e riconvertito in agriturismo: “u suppign”, suppenna (una tettoia recintata con muro a secco e porta).
In quella circostanza io e i miei fratelli avvolti in ampi pastrani ci adagiammo su un giaciglio di paglia, la mula nello spazio adibito con mangiatoia, mio padre protetto dal suo pastrano si adagiò vicino alla porta aperta, quasi a difesa di noi suoi figli, della mula e degli attrezzi.


Anche i contadini che dormivano nei trulli, non arredati con una porta, ponevano le proprie cose e il mulo all’interno del trullo e loro riposavano adagiati sull’uscio quasi in difesa dei propri beni da ladri e briganti, che all’epoca non erano pochi.

La curiosità mi spinse a visitare gli altri trulli, che numerosi si trovano nei campi circostanti, perché, come sopra detto, i campi dati a “livello” avevano un’estensione di circa 40 are e su ognuno di questi doveva esserci un trullo, oggi questi sono abbandonati, in parte fatiscenti e alcuni del tutto demoliti.



La struttura esterna è uniforme, ma l’interno non manca di qualche originalità: alcuni sono semplici con piccole nicchie per riporre oggetti o viveri, altri hanno le mangiatoie per gli animali, altri hanno l’ingresso e delle nicchie con archi (di solito gli ingressi e le nicchie sono ricavati da grosse lastre di pietra che fungono da architrave), tra quelli visitati uno ha un ampio camino con regolare canna fumaria.






Il tempo lentamente sta cancellando le opere, che i nostri avi con grandi sacrifici hanno edificato, e con queste anche quel pezzo di storia che pochi possono richiamare alla memoria percorrendo a fatica i ricordi della loro infanzia.

mercoledì 20 gennaio 2016

Adolescenza

Lontani ricordi,
Anni trascorsi in quel grande atrio:
voci, schiamazzi, un gran chiasso.
Un tonfo sempre uguale, misto ad urli di gioia:
goal!!! il pallone batte sul gran muro bianco
lasciando un ennesimo segno.

Il cielo sereno, il gelso in fiore,
la primavera sorrideva ai miei anni.
Corri! Corri! Dai! Scappa!
Campooo!

Tin tin tin tin....
Quel campanello ha interrotto il mio grido,
la mia fuga.

Benedicamus Dominum!
Deo Gratias!
E nel silenzio si cammina
a due a due verso lo studio.

Leggo e guardo il cielo sereno e il volo dei passeri;
scrivo e penso ai prati in fiore.
Un rombo di aereo trascina i miei sogni lontano,
su in alto, in cielo.

I miei amici, fantasie di amiche,
immagini care.
Fede, impegno, lavoro;
gioia, amicizia, serenità, tormento;
e... la vita trascorre.
            
                       G 1980