venerdì 7 marzo 2014

La Grande Bellezza


     Jep Gambardella, il protagonista del La Grande Bellezza, a sessantacinque anni venuto a Roma si disperde nei mille rivoli della vita mondana, artistica, religiosa di Roma. È costantemente colpito dalla vacuità e dalla fragilità della vita, che si dissipa come un sogno. Roma lo affascina per i suoi monumenti oltre che per le bellezze naturali. Gli uomini, piccoli e grandi, si apprestano ad affrontare i momenti decisivi della propria vita con una ricerca estetica formale.

     Jep, impegnato in una riflessione sul senso dell’esistenza e distaccato dall’ambiente circostante, vorrebbe cogliere La grande bellezza, che purtroppo s’impone al protagonista in alcuni brevi stati della vita. Agli uomini è preclusa la piena felicità e la condivisione della grande bellezza nel percorso della vita, rapido e breve con un termine preciso, la morte. Anche la santa suora cerca la grande bellezza nell’austerità della vita e nella ricerca della sua autenticità profonda, le sue radici, di cui si ciba durante la sua vita di profonda meditazione.

     Dal tutto emerge una visione esistenzialistica della vita, avvolta da una leggerezza e una vaghezza della vita vissuta nella quotidianità, a cui spesso sfugge la grande bellezza e lo stesso senso della vita.

     Il regista Paolo Sorrentino con maestria ha reso ottimamente il contrasto tra il vissuto quotidiano tante volte frivolo ed emotivo e il tentativo di coglierne il senso profondo e la bellezza, di cui l’uomo può beneficiare solo alcuni momenti.

     Il film può essere condivisibile o meno, secondo i gusti estetici e le visioni filosofiche, ma ritengo che l’Oscar si meritato.