giovedì 5 marzo 2009

Un colpo di sole

Mario aveva concordato con altri amici di trascorrere una giornata in campagna. La sera precedente avevano fissato il menù e spesa; all'indomani si sarebbero ritrovati nella villetta di proprietà di un componente della comitiva verso mezzogiorno.
Mario, poiché era in ferie, sbrigò subito le faccende personali e si avviò verso la campagna. Arrivato alla villetta incontrò Gino e i suoi genitori che si erano affrettati per rassettare la tavernetta e preparare la tavola per l'accoglienza degli altri amici. Mario offrì la propria collaborazione, quindi, poiché c'era ancora tempo prima dell'arrivo del resto della comitiva, decise di comminare per i sentieri vicini.
Era una giornata di agosto e il sole infuocava ogni essere vivente, l'erbetta dei sentieri era bruciata, persino gli alberi di olivo socchiudevano le proprie foglie per contenere quel po' di linfa per la sopravvivenza. Mario stava per decidere di rientrare, in tavernetta c'era un bel fresco, quando vide a poca distanza un grande albero di carrube. Si affrettò a raggiungerlo e si adagiò sopra le grandi radici ai piedi dell'albero. Guardò incuriosito i verdi baccelli pendenti, poi si assopì.
Fu preso da un ufo abitato da personaggi buffi ma curiosi, che lo elessero come giuda per la visita del territorio circostante e per conoscere i comportamenti degli abitanti. Visitando le campagne circostanti, chiedevano: che frutto produce quest'albero? che frutto produce quell'altro? il frutto di quella pianta è commestibile? perché vengono coperte quelle piante? di ogni cosa chiedevano informazioni: Mario rispondeva come poteva, secondo le sue conoscenze.
Intanto a gran velocità, sorpassarono alcune città limitrofi e alle domande Mario rispondeva queste sono villette, nel centro ci sono i condomini, quelli più alti sono i grattacieli, quello è l'antico castello, quella è la cattedrale, quelle le chiese, quei grandi prati circondati da gradinate sono gli stadi, qui vengono i giovani a giocare a calcio, intorno si fermano gli spettatori ad animare le loro squadre.
Il più giovane degli alieni è interessato ad alcuni comportamenti degli uomini, si sofferma ad osservare gruppi di uomini che passeggiano, la grande moltitudine che si affolla sulle spiagge, alcuni gruppi di ciclisti, dei gruppi di podisti che percorrono dei sentieri campestri e chiede spiegazioni per i singoli comportamenti. Mario spiega che gli uomini durante la settimana lavorano, molti sono obbligati ad un lavoro ripetitivo, sedentario e spesso in locali poco salubri, pertanto quando è loro possibile curano il loro fisico con varie attività sportive o semplici passeggiate, come ha ben osservato. Dall'ufo non si vede all'interno delle palestre dove, soprattutto i giovani, esercitano e curano il proprio fisico con vari esercizi ginnici. Molti si esercitano per un piacere personale, altri fanno sport per motivi agonistici.
Il giovane alieno è meravigliato dell'attenzione e della cura che gli uomini hanno del proprio corpo. Mentre si sta in tal modo dialogando l'ufo sorvola lo stadio: venticinque uomini rincorrono affannosamente una palla su un prato verde, altri appena fuori del limite del campo a tratti si animano, e intorno, disposte sulla gradinata a diversi ordini, migliaia di persone che urlano. Il piccolo alieno chiede spiegazioni; Mario, che non è un tifoso di calcio, cerca di dare delle spiegazioni. Nello stadio stanno giocando a calcio, che è lo sport più seguito. Gli uomini, che rincorrono il pallone sul prato verde, sono dei grandi atleti che dedicano gran parte della loro giovinezza ad allenarsi per ben calciare il pollone, in modo da lanciarlo in porta, superando la difesa che la squadra avversaria dispone. Sono molto apprezzati e stimati da coloro che seguono le loro imprese. Ai margini del campo ci sono i dirigenti, gli allenatori, i tecnici, gli assistenti. Intorno sugli spalti ci sono tanti sportivi, che si dicono tifosi perché non giocano loro, ma incitano gli atleti della propria squadra in cui si immedesimano soffrendo o esultando secondo l'andamento del gioco.
Il piccolo alieno sembra incuriosito ma poco convinto, allora Mario continua, credimi deve essere una cosa bella, durante la settimana quando si incontrano in ogni luogo della città i tifosi hanno sempre da dire qualcosa, alcune volte sorridenti e ironici, altre volte stizziti, ma discutono in modo animato dell'ultima partita vista allo stadio o in TV. È una buona occasione di socializzazione, soprattutto quando devono organizzare la partecipazione alle partite, sia in 'casa' che in trasferta. Quando vanno in trasferta si incontrano con gli abitanti di altre città, vedono vari monumenti, arricchiscono comunque la loro esperienza. Il piccolo alieno incomincia ad apprezzare positivamente questo comportamento umano, quando nota un gruppo di facinorosi che si muove in modo disordinato nello stadio e tanti uomini in divisa e armati che si affrettano verso quel luogo. Cosa succede? Chiede il piccolo alieno a Mario. Mario è in imbarazzo non riesce a trovare una giustificazione a questo comportamento, sarebbe stato contento manifestare quanto di bello è tra gli uomini.
Un suono di clacson lo risveglia, risparmiandogli la fatica di giustificare tale condotta, sono arrivati gli altri amici e lo cercano. Mario si affretta a raggiungerli.

Fontana

Fontanina, ti hanno destinata ad un altro cantuccio, eri ingombrante, occupavi un angolo di marciapiede e parte della carreggiata della strada, le stalle a te vicine sono state abbattute e al loro posto sono state costruite delle moderne case. Tu sei in questo nuovo cantuccio, tranquillo, come una vecchietta in attesa di qualche volto amico con cui ricordare la grande vitalità del passato. Ti ricordi di me? Quando bambino venivo a prendere l'acqua fresca per i miei? Sono passati tanti anni e le sembianze degli uomini si trasformano, ma tu anche se ti hanno trasferito in un luogo diverso mantieni le stesse sembianze, sebbene qualche ritocco lo hanno fatto anche a te. Mantieni il nome “Acquedotto Pugliese” e la data di nascita “1914”.
Adesso solo alcuni vengono ad attingere acqua con qualche bottiglia, ma quando eri all'altro angolo intorno a te c'era sempre gente: bambini, giovani, adulti, uomini e donne e qualche vecchietta; si comunicavano tante notizie della vita del quartiere, che venivano diffuse nelle singole case dai portatori d'acqua.
Alcune volte erano tutti gentili: “per favore fate riempire la brocca alla nonnina”, “quel bambino è spinto sempre dietro, su fate riempire il suo secchio”. Intanto arrivano i contadini dalla campagna e si fermano ad abbeverare gli animali da traino, “per cortesia fatemi bere”, “fate dissetare la mula che ha lavorato... “
Era un continuo via vai di persone frettolose che dovevano accumulare l'acqua per le faccende domestiche, non solo per cucinare, che richiedeva poca acqua, ma per lavare e soprattutto per fare il bucato per cui bisognava riempire grandi tinozze.
Altre volte c'era grande vivacità, soprattutto quando arrivavano quei due monelli che volevano precedere gli altri senza rispettare il proprio turno, e si arrivava a qualche parola inopportuna e alcune volta al litigio, che spesso veniva sedato dall'intervento autorevole di una persona adulta.
D'estate, nel tardo pomeriggio, prima che mio padre si levasse dal riposo, mia madre mi ordinava di andare ad attingere l'acqua fresca dalla fontana; era un piacere, c'era poca gente e sgorgava un'acqua freschissima che bevevo direttamente dalla fontana, e riempito la brocca di argilla (c'cc'nato), che teneva fresca l'acqua per un po' di tempo, correvo a casa; quell'acqua valeva più di un rinfresco.
Mia cara fontanina, ora le cose son cambiate, in tutte le case arriva l'acqua, ed è distribuita secondo le necessità dai vari rubinetti, ma molti non si fidano della potabilità di questa e spesso vanno ad acquistare l'acqua confezionata; io vengo ancora ad attingerla da te, perché tu la offre in modo diretto, prendendola dai canali centrali, invece quella di casa pur essendo la stessa acqua che tu offri, prima di arrivare in casa passa dai serbatoi e da altre tubazioni. Insomma, voglio ancora venirti a trovare, mi fido ancora di te.