mercoledì 7 novembre 2007

La conoscenza: il frutto dell’albero proibito

Nel primo libro della Bibbia “La Genesi”, dopo la narrazione della creazione dell’universo, delle piante e degli animali, si parla della speciale creazione dell’uomo. “Poi Iddio disse: ‘facciamo l’uomo a nostra immagine’…”(Gen. 1.26)
Pur avendo creato l’uomo a sua immagine, Dio ha voluto che l’uomo esercitasse le sue facoltà, assumendosi le responsabilità della propria vita, pertanto gli ha offerto la conoscenza come un’ulteriore opportunità.
Ovvero aveva dato agli uomini come a tutti gli altri esseri viventi i mezzi per vivere, gli aveva dato una superiorità e la padronanza sugli altri, “e il Signore Iddio fece germogliare dal suolo ogni specie di alberi piacevoli di aspetto e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino, e l’albero della conoscenza del bene e del male”. (Gen. 2.9)
Tuttavia aveva proibito di mangiare dell’albero della conoscenza, mangiando di quest’albero l’uomo avrebbe perso l’innocenza e in questo modo si sarebbe fatto carico delle conseguenze delle sue scelte. L’uomo ha osato mangiare dell’albero proibito, ma appena mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, l’uomo prova il primo senso del pudore scoprendosi nudo, e quindi sente il peso della vita.
La conoscenza è una facoltà dell’uomo che lo distingue dagli altri esseri, o come disse il serpente “qualora ne mangiaste si aprirebbero gli occhi vostri e diventereste come Dio”(Gen. 3.5), difatti oltre a rendere consapevole l’uomo delle sue azioni, lo rende libero, in quanto tramite questa riesce a distinguere il bene dal male. Tale consapevolezza fa superare lo stato di innocenza e rende l’uomo responsabile delle proprie azioni, e ad ogni incremento della conoscenza ne consegue un ulteriore grado di responsabilità. Non tutti vogliono osare utilizzare a pieno la conoscenza e spesso ricorrono a miti, a modelli, ad abitudini tramandate rifiutando di affrontare il rischio del sapere. Ma l’uomo da quando ha cominciato a conoscere non può arrestarsi, senza venir meno allo statuto fondamentale della sua natura, anche se spesso emerge il rimpianto di uno stato primitivo di innocenza o la paura di non riuscire a dominare gli esiti delle conoscenze acquisite.

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