I trulli (r’ casidd’) di Ruvo di Puglia
Tante volte
ho percorso una stradina interpoderale della contrada Pezza Le Monache
(Strappete), che porta ad un fondo rustico di proprietà prima di mio padre, ora
mia. Da piccolo, sul traino tirato dalla mula, guardavo con attenzione le
piccole casette in pietra sparse nei campi; in seguito, sia per la velocità dei
nuovi mezzi di trasporto sia per la famigliarità dei luoghi acquisita con la
frequentazione abituale, non ho prestato loro alcuna considerazione.
Non molto
tempo fa, durante una pausa, mi sono guardato intorno e ho visto una
“casedda”(che da ora in poi chiamerò trullo) in un campo confinante al mio che manifestava
un grave crollo. Questa circostanza suscitò in me un’emozione e una
riflessione: “come è cambiata l’esistenza dei contadini, quanta fatica hanno
fatto i nostri antenati, i nostri padri, e ora anche le loro opere cadono a
pezzi”.
La contrada
porta il nome di Pezza Le Monache o Strappete (molto presumibilmente derivante
da sterpeto, terreno incolto, pieno di sterpi); era un
grande appezzamento appartenente a un convento di suore e questo lo avevano affidato ai
contadini di Ruvo sotto forma di “livello” una specie di colonia (solo l’anno
scorso, notando che il mio campo, ricevuto in eredità da mio padre, era gravato
ancora di questo onere, ho chiesto e ottenuto l’affrancazione).
A ciascun
contadino era stato attribuito un appezzamento di circa 40 are, e questi doveva
dissodarlo e, in cambio di un canone, poteva utilizzarlo per sé. Qui coltivava
un piccolo orto, seminava grano o legumi … un’economia di estrema sussistenza.
Il campo
dista da Ruvo circa 6/7 km, oggi con un trattore o un’automobile si può
raggiungere in 10/15 minuti, ma all’epoca a piedi o con un mulo i contadini
impiegavano diverse ore; se si considera che i lavori erano realizzati con l’aiuto di zappe e, per i più abbienti,
con l’aratro tirato dall’asino o dal mulo, spesso non era conveniente ritornare
in giornata al paese e si preferiva restare qualche giorno in campagna (si
diceva “a sta fore”, a stare fuori - non rincasare).
La zona,
come gran parte del territorio di Ruvo, è ricca di pietra per cui i contadini,
dissodando i terreni, accumulavano le pietre e con queste costruirono le
casette con muro a secco simili ai trulli che si incontrano in diverse zone
della Puglia, i più noti sono quelli di Alberobello.
Ebbene vedendo il trullo che presentava un’ampia frana, mi venne la curiosità di visitarlo. Non era un semplice riparo, all’interno c’erano delle nicchie dove poggiare oggetti e viveri, e nella parte più interna era ricavata una mangiatoia per il mulo.
Mi ricordai un evento della mia fanciullezza. Un giorno d’estate andai con mio padre, i miei fratelli in una podere di mio padre lontano una ventina chilometri dal paese, pertanto ci fermammo due notti in campagna, non in un trullo ma in un altro tipo di ricovero che si può trovare ancora nel territorio, anche se spesso in uno stato fatiscente e alcune volte restaurato e riconvertito in agriturismo: “u suppign”, suppenna (una tettoia recintata con muro a secco e porta).
In quella circostanza io e i miei fratelli avvolti in ampi pastrani ci adagiammo su un giaciglio di paglia, la mula nello spazio adibito con mangiatoia, mio padre protetto dal suo pastrano si adagiò vicino alla porta aperta, quasi a difesa di noi suoi figli, della mula e degli attrezzi.
Anche i
contadini che dormivano nei trulli, non arredati con una porta,
ponevano le proprie cose e il mulo all’interno del trullo e loro riposavano
adagiati sull’uscio quasi in difesa dei propri beni da ladri e briganti, che
all’epoca non erano pochi.
La curiosità
mi spinse a visitare gli altri trulli, che numerosi si trovano nei campi
circostanti, perché, come sopra detto, i campi dati a “livello” avevano
un’estensione di circa 40 are e su ognuno di questi doveva esserci un trullo,
oggi questi sono abbandonati, in parte fatiscenti e alcuni del tutto demoliti.
La struttura esterna è uniforme, ma l’interno non manca di qualche originalità: alcuni sono semplici con piccole nicchie per riporre oggetti o viveri, altri hanno le mangiatoie per gli animali, altri hanno l’ingresso e delle nicchie con archi (di solito gli ingressi e le nicchie sono ricavati da grosse lastre di pietra che fungono da architrave), tra quelli visitati uno ha un ampio camino con regolare canna fumaria.
Il tempo lentamente sta cancellando le opere, che i nostri avi con grandi sacrifici hanno edificato, e con queste anche quel pezzo di storia che pochi possono richiamare alla memoria percorrendo a fatica i ricordi della loro infanzia.