martedì 1 luglio 2008

Un paese senza immondizia

Negli anni 1940-50 nei piccoli centri urbani, come Ruvo di Puglia, la spazzatura non era ancora diventato un grave problema.
Nelle case non si produceva tanta spazzatura perché non c'erano né oggetti di plastica né buste di plastica. I vari imballaggi di carta o di legno venivano riutilizzati fin quando era possibile, quindi venivano bruciati nel camino domestico (in quegli anni si cucinava nei camini o su cucine a legna).
Gli abiti venivano usati fino all'usura quasi totale: prima venivano usati quando si usciva la sera in piazza, o per incontrasi con amici e parenti in città; poi si indossavano per il lavoro, e spesso le mamme quando i vestiti erano in parte rotti cercavano di rattopparli. C'era un detto che sollecitava all'igiene che diceva: non bisogna vergognarsi delle toppe ma delle macchie e della scarsa igiene. Quando i vestiti erano mal ridotti alcuni venivano trasformati in strofinacci, altri erano scambiati con altri oggetti o venduti agli straccivendoli, che passavano spesso nel paese. Persino i capelli delle donne, che cadevano nella pettinatura, erano raccolti e venduti.
Tegami di alluminio o di rame rotti e non più utilizzabili, e altri arnesi di metallo erano venduti ad alcuni acquirenti, che più volte durante la settimana, passavano con il loro carretto trainato dall'asino.
I residui dei prodotti agricoli erano riciclati, la morchia dell'olio era venduta per fare il sapone, se proprio non lo si faceva in casa; il mallo delle mandorle era bruciato per ricavare sostanze chimiche; le bucce dure delle stesse erano una risorsa, perché avevano un alto potere calorico ed erano utilizzate dai fornai, che le bruciavano per riscaldare il forno e ne ricavano la carbonella, che la rivendevano per uso domestico: per cucinare o per riscaldare la casa durante l'inverno.
Anche la cenere spesso era utilizzata per preparare la lisciva, molto utile per pulire la biancheria.
Le giare, le brocche e spesso i grandi piatti di terracotta erano riparati da artigiani ambulanti con punti di ferro e cemento.
I contadini, che erano la maggioranza della popolazione, portavano nei campi gran parte dei residui umidi della cucina, quindi rimaneva poca spazzatura che durante la notte o al primo mattino veniva accumulata agli angoli delle strade. Questa veniva raccolta dagli spazzini, che con con una pala la caricava su un carro e tutto restava pulito.
Una maggiore attenzione richiedeva la pulizia delle strade: queste se nel centro storico fino al corso erano lastricate, nel resto del paese erano sterrate o brecciate (ricoperte di sassi spezzati in modo da trattenere la terra e per evitare l'accumulo di fango), inoltre erano frequentate da carri trainati da muli o cavalli, che spesso lasciavano escrementi. Questi resti, quotidianamente, erano raccolti con particolari scope e pale dagli addetti all'igiene urbana.
Non c'era una grave difficoltà per lo smaltimento di tali rifiuti, perché, tranne qualche residuo di ceramica o di vetro, erano quasi tutti di sostanza organica che venivano dispersi in alcuni campi come concimazione, particolarmente accettati erano i residui raccolti dalle strade periferiche più frequentate dai carri.
Non ricordo questi fatti con rimpianto, perché all'epoca non c'erano il benessere e l'igiene dei nostri giorni, tuttavia è da ammirare come i nostri padri riuscivano ad utilizzare e a riciclare quei beni che riuscivano a produrre. Oggi, invece, produciamo una grande quantità di beni, che usiamo solo in parte e poi buttiamo via, accumulando una grande quantità di rifiuti che spesso non riusciamo a gestire.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

I nostri padri riuscivano a riciclare tutto perché spinti dalla necessità e non ancora contagiati dal consumismo. Siamo talmente bombardati da messaggi che inneggiano alla smania di comprare (e di buttare) che abbiamo persino dimenticato che dalla cenere si può fare il sapone e dalla legna il carbone. Perdendo il contatto con la natura e la capacità e la volontà di riparare, siamo arrivati al punto che è più facile ed economico comprare un nuovo oggetto piuttosto che riparare quello vecchio. Si è persa così anche la gioia della manualità, la soddisfazione di "mettere qualcosa di proprio" in un oggetto, di conquistare con fatica i propri traguardi (tanto molti di essi si possono comprare!).
Mi consola il fatto che prima o poi tutto questo finirà. La natura non è un bene illimitato e siamo ormai al punto di rottura. Pensa a cosa avverrà quando finirà il petrolio: di certo non potremmo continuare come facciamo oggi e dovremo adattarci, se ne sareo capaci, oppure estinguerci!
Un caro saluto,
Adriano

Anonimo ha detto...

Grazie Adriano per il tuo intervento.
Condivido quanto hai detto.
Dobbiamo sperare nella ragionevolezza degli uomini. Ma non dobbiamo dimenticare gli egoismi e la difesa degli interessi particolari.
Bisogna sostenere con convinzione i "veri" movimenti ecologisti.
Ciao a risentirci.
Giulio