mercoledì 24 luglio 2013

Memorie della Campagna di Grecia


Ad una certa età ci capita di volgerci indietro per rivedere gli eventi trascorsi nella nostra giovinezza e vogliamo raccontarli non solo per il ricordo del passato, ma per sottolineare l’evoluzione della società, per poter apprezzare il percorso fatto e le prospettive future. Emergono soprattutto gli eventi più tristi perché si vorrebbe che non tornino mai più, perché le sofferenze patite non si ripetano per le future generazioni.

Zio Ciccillo ogni volta che si parlava di guerra mostrava un gran desiderio di raccontare le sue tristi vicende della guerra vissuta.

A diciotto anni, Francesco Campanale (detto Ciccillo) come tanti giovani della sua età (classe 1912), ha la cartolina di precetto per il servizio di leva. Adempie i suoi obblighi militari, ritorna nella sua famiglia e come tanti giovani sogna e programma il suo futuro: il lavoro, la famiglia…

Il 28 ottobre 1940 iniziano le operazioni militari per l’occupazione della Grecia. L’esercito italiano, non riesce a sostenere la reazione greca, e deve arrestarsi ai confini della Grecia e in alcuni punti deve anche arretrare. L’esercito ha bisogno di un contingente più numeroso e adeguatamente equipaggiato di armamenti e approvvigionamento. Mussolini, volendo competere con Hitler, non intende manifestare la sua debolezza militare, e nel aprile del 41 dichiara la mobilitazione generale.

Dall’Italia partono altri soldati, tra questi è Ciccillo. Sa quanto è dura la vita militare sul fronte, per le tante esperienze raccontate dal fratello maggiore Giulio, che era stato appena diciottenne sul Monte Grappa, durante la prima guerra mondiale. La Patria chiama e, con altri suoi amici, lascia i propri cari e il lavoro per partire verso la destinazione stabilita.

Vive le vicissitudini dell’esercito italiano sul fronte greco. Per tutto l’inverno ’40-’41 gli eserciti italiano e greco avevano mantenuto sostanzialmente le posizioni, quasi come una guerra di trincea, con alcuni sfondamenti del fronte da parte dei Greci. La guerra si era manifestata più difficile delle aspettative. Nella primavera l’esercito italiano riprende l’offensiva e inizia a respingere l’esercito greco, che ora deve affrontare contemporaneamente l’esercito italiano e quello tedesco, che nel frattempo dalla Iugoslavia era entrato nella Macedonia. Attaccata su due fronti, la Grecia è costretta a chiedere l’armistizio e la resa. L’Italia occupò tutta la Grecia continentale e le isole Corfù, Zante e Cefalonia. 


La guerra sulle montagne greche è stata logorante, i soldati hanno sofferto, il freddo e la fame, e visto molti commilitoni morti e feriti. Ora il peso della guerra per Francesco e gli altri diventa meno gravoso, l’esercito, disseminato in innumerevoli e statici presidi,  controllava la conquista ed era pronta a difenderla da eventuali attacchi inglesi. Francesco, a Natale del 42, ha la possibilità di raggiungere Atene.

Sui fronti russo e nel nord Africa infuria la guerra degli Alleati contro L’Italia e la Germania. Dall’Africa gli anglo–americani passano in Sicilia travolgendo l’esercito italiano. L’ 8 settembre 1943 Badoglio firma l’armistizio.

L’Italia non è più in guerra, ma tra tedeschi e italiani si apre una gravissima ostilità. I tedeschi che vogliono difendere le conquiste fatte, vedono nei soldati italiani dei vili traditori.

In Italia le vicende si evolveranno diversamente, ma nelle isole e nei Balcani la condizione dei soldati si rivelò difficilissima. Senza ordini precisi erano sbandati: alcuni trovarono rifugio presso alcune famiglie greche, altri si arruolarono nei gruppi di resistenza, altri furono fatti prigionieri dai vecchi alleati tedeschi. I quali prospettarono loro l’alternativa: o entrare nelle loro file, o essere fatti prigionieri di guerra. Pochi scelsero di collaborare con i tedeschi, la maggior parte furono deportati nei campi di prigionia tedeschi. Francesco fu condotto in Germania.

Qui gli italiani non furono considerati prigionieri di guerre, per cui non potettero usufruire delle garanzie spettanti ai prigionieri secondo gli accordi internazionali, ma furono dichiarati “internati” e in seguito “lavoratori civili” in modo tale che i tedeschi non solo non offrissero loro le garanzie spettanti ai prigionieri, ma potevano sfruttarli nei lavori pesanti o di ricostruzione in seguito ai bombardamenti.

Le condizioni in questi campi (lager) erano terribili: non c’erano servizi igienici, non avevano vestiti adatti alle temperature rigide della Germania, il cibo era scarsissimo, tanto che, ricordava Francesco, quando dalla cucina buttavano bucce di patate o residui di verdure i prigionieri si affrettavano a raccoglierli, qualcuno mangiava anche dei topi. Molti morirono, altri furono affetti da gravi malattie polmonari o intestinali.

Francesco riuscì a sopravvivere e a uscire da quell’inferno, quando il ’45 la Germania fu sconfitta dagli alleati. Con altri attraversò le Alpi, quindi accolto da un punto di raccolta in Italia, fu avviato a Ruvo di Puglia con il treno.

La famiglia, che da tempo non aveva sue notizie, era in stato di angoscia e trepidazione: il padre e gli altri fratelli chiedevano ai militari che rientravano, se avessero notizie di Francesco. Finalmente si accese in loro la speranza di rivederlo, un rivenditore di sali e tabacchi, avendo sentito per radio il nome Francesco Campanale, corse ad annunciarlo ai suoi.

Dopo alcuni giorni, sfinito, molto dimagrito, ma sano e salvo giunse alla stazione ferroviaria dove l’attendevano il padre, i fratelli e tanti compaesani che speravano di avere qualche notizie dei loro figli ancora lontani.


Nessun commento: