martedì 30 dicembre 2008

Un giorno all'ospedale

Durante l'estate del 2008 Mario è stato a Rimini, non per trascorrere alcuni giorni sulla spiaggia, ma per essere vicino ad una sua carissima persona, che era ricoverata in ospedale. In una sua visita, accompagna la degente presso il reparto di Dialisi, per rispetto della privacy degli altri pazienti, pur potendo entrare, decide di attendere in corridoio. Si siede su una panca e osserva quanto avviene all'ingresso del reparto. Entrano in reparto persone apparentemente sane, altre vengono accompagnate su sedie a rotelle, altri su barelle; sono uomini e donne di varie età e in condizioni di salute diverse. Un pensiero si impone all'attenzione di Mario: se queste persone non fossero sottoposte a queste terapie sarebbero certamente morte.
Quante occasioni di morte ci sono, molte sono procurate dagli uomini stessi, per incuria, per disattenzione, molte vengono dalla natura stessa, spesso si dice la morte cerca l'occasione.
Ma gli uomini, fortemente legati alla difesa della vita, hanno cercato e continuano a cercare tutti gli strumenti per star bene, per curarsi. La speranza di vivere bene e al più a lungo possibile , fatta eccezione di alcuni casi disperati, è connaturata negli uomini. Osservando i pazienti che si avvicendavano nel reparto di Dialisi, Mario pensava: peccato questa giovane ragazza! Questa mamma e questo padre combattono per la loro vita anche per sostenere la propria famiglia, i propri figli! Questo vecchietto, gravato dai suoi anni e dai vari acciacchi delle età tiene saldi i suoi affetti famigliari. Che tristezza vedere un signore, disteso sulla barella, pallido ed emaciato che stava sostenendo ancora la lotta per la sopravvivenza, sostenuto dalla speranza di una probabile guarigione.
Il pensiero rincorre situazioni ancora più gravi, ricorda alcune impressioni accumulatesi durante la visita di una casa protetta, ricorda alcuni casi evidenziati dai giornali riguardanti delle persone che da anni sono legati a macchine per sopravvivere, alcuni in stato di coma per anni.
La speranza di vita sorregge tanti sofferenti e i loro famigliari che non vogliono staccarsi dai loro cari. E se la speranza viene meno? Se la scienza non offre alcun supporto alla speranza? A chi spetta la responsabilità di decidere la sospensione delle cure? Perché ostinarsi testardamente a sostenere l'impossibile?

Il sapere ci pone difronte a tali responsabilità, che in altre epoche si sarebbero risolte naturalmente.

Gli uomini curano la propria salute con tutti i mezzi possibili; grazie alla scienza medica e alle capacità dell'industria, che offre mezzi sempre più sofisticati per sostenere la vita, gli uomini d'oggi hanno la possibilità di vita superiore a quella degli anni precedenti, ma possono tenere in vita per lungo tempo delle persone in coma. È giusto accanirsi su delle persone inermi?
Tutti gli esseri che nascono sono destinati alla morte.

1 commento:

La voce dal vicolo ha detto...

Caro Giulio,

grazie per aver commentato il tuo post. Ho appena stampato il tuo e lo leggerò con attenzione, ma già da ora mi sembra di vedere, oltre ad affermazioni indubbiamente esatte, anche fraintendimenti e ambiguità che non mi convincono e non condivido. Comunque ti posterò un commento dettagliato non appena possibile. Quanto al tuo intervento sul mio blog, lo commenterò lì.

Grazie per la stima.