lunedì 24 marzo 2008

Vaghi ricordi

Mario incominciava ad uscire insieme a suo fratello più grande di due anni, e con altri bimbi si soffermava a giocare nella strada della casa.
Era una strada raramente frequentata dai traini, da un lato c’era l’ultimo isolato del paese, dall’altro c’erano i campi degli ortolani. Sul lato degli orti c’era una costruzione adibita a bottega di stagnino, in fondo c’era un’altra costruzione adibita a stalla-rimessa, seguiva, appena svoltata la strada una piccola officina di fabbro che svolgeva anche la funzione di maniscalco.
I bambini giocavano e strillavano in questo spazio, si confrontavano e socializzavano, osservavano come lo stagnino e gli altri artigiani realizzavano i vari manufatti.
Mario era attratto dalla capretta, che era legata alla porta dello stagnino. In molte botteghe di periferia si allevava qualche animale di aia per la produzione del latte o di uova se non proprio di carne per la propria famiglia. Anche in tante case, che disponevano di piccoli spazi, sulla strada o sui terrazzi, si allevavano delle galline, in alcune soffitte anche dei conigli per il consumo famigliare. Per cui non era raro il caso che sulle strade, non ancora asfaltate, starnazzava del pollame.
A tal proposito Mario ricorda l’enorme scrofa che veniva allevata dal fabbro su menzionato, che una volta partorì tanti maialini, che divennero per un po’ di tempo l’attrazione e la lamentela dei vicini. Mario vide con rammarico caricare questa grande scrofa su un camion e poi non vide più neppure i maialini.
La capretta dello stagnino era l’attrazione del piccolo Mario, che diventava fonte di gioia quando, stando con il nipotino dello stagnino e sempre controllato a vista dal suo fratellino, gli veniva concesso di accarezzarla o di guidarla nei prati vicini mentre questa pascolava.

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