martedì 19 giugno 2007

La grandine

Ho visto piangere un uomo,
negli occhi aveva la morte
e il dolore per la perduta speranza.

Di buon ora si levava al mattino,
presto, presto, svegliava i suoi figli,
andiamo ai campi, piantiamo la vigna!

Andarono con potente aratro
solcarono profondo,
piantarono i vitigni e con essi la speranza.

Lunga è l’attesa
e duro il lavoro


Su presto innestiamo!
un altr’anno… e i grappoli d’oro
brilleranno al sole d’agosto.

E la speranza sembrava sorridere all’uomo:
gli innesti attecchirono e furono viti,
un mare di verde e grappoli d’oro.

Ma un giorno mentre si gioiva di speranza
una nuvoletta apparve nel cielo d’agosto,
poi un’altra, un’altra ancora;

Il cielo si oscurò
e fu immenso silenzio.


Goccioloni caddero; si gridò: corri, corri, al riparo!
e subito un improvviso uragono:
pioggia, fulmini, tuoni, pietre dal cielo caddero.

La vigna giacque
a terra tramortita


Ho visto piangere un uomo,
negli occhi aveva la morte
e il dolore per la perduta speranza.




Era mio padre, un uomo d’altri tempi che riusciva a mascherare i propri sentimenti e a nascondere le lacrime, ma quel giorno tornato dai campi, sulla soglia di casa dove era mia madre ad attenderlo, l’abbracciò e tra alcune lacrime mormorò: “ci siamo rivisti”. Poi preoccupato di evitare delle sofferenze ad altri mi invitò ad andare da mio cugino per dissuaderlo dall’andare a vedere i luoghi dove si era scatenato il temporale, con la devastante grandinata.
Una giornata d’agosto con alcune nuvolette, come al solito di buon mattino era andato con i miei fratelli e mio zio, con la seicento di questi, a innestare la vigna in un campo dello zio. Questo campo, derivante da divisione della proprietà del nonno era confinante con quello di mio padre, che l’anno precedente era stato innestato e in quel anno stava producendo il primo raccolto.
Durante la giornata le nuvole si trasformarono in nembi e mentre loro continuavano a lavorare incominciarono a cadere dei goccioloni. Lasciarono il lavoro e si rifugiarono nella seicento. Si scatenò un potente temporale con tanta acqua, e poi con una forte grandinata. Mi raccontava inseguito mio fratello, con gli occhi ancora impauriti, “la grandine era grande come delle pietre!!” “per fortuna che sul portapacchi della seicento c’erano ancora i sarmenti, da cui prelevare le gemme per gli innesti, che attutivano i colpi”, “la seicento l’abbiamo abbandonata lì, era tutta ammaccata”.
Per il temporale i campi erano tutti allagati, e le strade si erano trasformate in torrenti, per vie fortunose riuscirono a raggiungere la strada provinciale, quindi con la collaborazione di amici a tornare a casa.
Mio padre era un uomo forte e molto radicato al suo lavoro e alla sua terra, e come altre volte, anche se meno drammatiche, riprese a risistemare la sua vigna che era stata distrutta, consumando quei pochi risparmi che prudentemente aveva depositato in banca. Ma tanti altri che si trovavano in maggiori ristrettezze economiche e soprattutto i giovani che vedevano distrutte le loro prospettive famigliari, abbandonarono i loro devastati campi e presero la via dell’emigrazione verso il nord Italia o in altri paesi europei.

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