Nella Grecia Antica la barca a vela che va, spinta dal vento, rappresentava la conoscenza sensibile, ossia la conoscenza immediata che si coglie con i sensi: è vero ciò che vedo, sento, tocco…
Nella stessa Grecia dello stesso periodo storico tuttavia
si aveva già la consapevolezza della superficialità di tale conoscenza. Già
Eraclito considerava dormienti coloro che si fermavano a tale livello di
conoscenza, “agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da
svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di quello che fanno dormendo”.
Anche i fisici dell’epoca, Anassagora, Democrito, affermavano che la
conoscenza immediata dei sensi era inadeguata, pertanto, secondo il loro punto
di vista, era necessario andare oltre il dato sensoriale e scoprire la
struttura della natura.
In seguito, da Parmenide e dalla sua scuola, la conoscenza sensoriale venne
considerata fonte delle opinioni, inganno dei sensi, che non permettono di
conseguire la verità.
Percorrendo la storia della filosofia tanti filosofi hanno considerato la
conoscenza sensoriale meno importante della conoscenza intellettuale, altri
hanno sostenuto il loro fondamentale apporto per la conoscenza.
Certo è che la conoscenza tramite i sensi si presenta come una conoscenza
spontanea e immediata, a cui tante volte ci vorremmo affidare, non solo per
conoscere ma per orientare i nostri comportamenti.
È bello lasciarsi andare, lasciarsi trascinare dall’onda
del mare, immaginare di lasciarsi trasportare dal vento come un gabbiano, stare
su un monte e sentirsi immerso in una natura incontaminata, seguire i piaceri
spontanei della nostra natura, osservare e quasi immedesimarsi in un bambino
che gioca nella sua innocenza, immergersi in una folla di giovani in un
concerto, dire sempre sì per non far emergere diversità e contrasti con gli
altri, non pensare per non essere turbato dai propri pensieri, è bello godersi
la vita… sentirsi liberi…
È questa la libertà?
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