lunedì 25 giugno 2012

Il trasloco


Passano gli anni, è scaduto il contratto di affitto della casa in cui hanno trascorso i primi anni da sposi. Marco cerca una nuova dimora, la trova alle porte della città, ancora oggi è l’ultima casa in pietra di via S. Barbara, non è lontana dalla casa paterna di Nannina, un po’ più lontana è da quella dei genitori di Marco, (la distanza nei piccoli centri non è significativa, il centro della città non dista più di cinquecento metri dalla periferia nelle varie direzioni).
Questa casa era situata in una specie di condominio dell’epoca, si entrava in un androne dove a fianco della scala c’era un’abitazione, salita la prima rampa della scala ce n’era un altra subito a sinistra. Salito alcuni gradini c’era un pianerottolo  sul quale si trovavano  tre ingressi per altrettante abitazioni e in fondo partivano due corridoi quello di destra più corto, quello di sinistra molto più lungo che portavano ad altre abitazioni.
L’appartamento affittato da Marco, come gli altri dello stesso condominio, era composto di due vani, che avevano la luce uno dalla porta di vetro dell’ingresso, l’altro dal balcone che si affacciava su Via S. Barbara. Il Vano ingresso era più piccolo perché era stato tagliato per ricavare una piccola cucina con focolare e una scala in legno per accedere al terrazzo su cui si depositava la legna, unica fonte di energia per preparare i cibi e per il riscaldamento. Non c’era il bagno, per i bisogni si usavano i vasi da notte (vasino e vaso, detto eufemisticamente monsignore), per la pulizia personale si utilizzava un lavabo mobile con vari accessori, la bacinella per lavarsi, il secchio raccoglitore, la brocca e accessori per la barba con lo specchio. In un angolo della cucina c’era un “gettatoio” dove si versava l’acqua sporca, e questo era un segno di modernità per le case, infatti non tutte le abitazioni del paese avevano  l’allacciamento alla fognatura.

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