giovedì 19 novembre 2009

Sovranità popolare e governanti

Quando un popolo rivendica la propria libertà, chiede di partecipare alla gestione della sovranità, con l'intervento quanto più diretto possibile nella formazione delle leggi e con il controllo della loro applicazione. In tal caso l'assemblea legislativa occupa un ruolo determinante nella vita politica di una comunità.
La divisione dei poteri dello stato è un'ulteriore garanzia della libertà, perché soprattutto negli stati di grande estensione, i cui rappresentanti sono un piccolo numero nei confronti della popolazione, questi potrebbero sostenere interessi di parte piuttosto che espletare compiutamente il loro mandato che è la difesa del bene comune, il controllo da parte del potere giudiziario, limita tale rischio. Inoltre il potere esecutivo, dovendo rispettare le leggi approvate dal legislativo, non agirebbe arbitrariamente, ma opererebbe nel rispetto della libertà del popolo.
Dopo momenti di arbitrio, di assolutismo o di dittatura, spesso il popolo, ribellandosi, riesce a conquistare la democrazia che garantisce la libertà politica di quanti l'hanno richiesta e ottenuta.
Purtroppo coloro che sono preposti al governo dello stato, quelli che, ripetutamente eletti, diventano professionisti della politica, cercano di difendere il ruolo acquisito, e riducono l'incidenza delle scelte dei cittadini.
La democrazia, basata sul consenso del popolo e dei suoi rappresentanti, sembra difficile da gestire, soprattutto quando nelle assemblee si difendono interessi di parte piuttosto che l'interesse generale del popolo, si prolungano consapevolmente le discussioni e si rimandano le decisioni, provocando la lentezza legislativa se non proprio l'immobilismo.
In tale circostanza l'esecutivo ritiene di proporre nuove norme di amministrazione della sovranità, riducendo il potere del legislativo e assumendosi la responsabilità delle decisioni con decreti propri, riducendo di fatto il parlamento ad una funzione di semplice consenso dell'operato del governo.
Un parlamento, rassegnato a tale ruolo, perde la propria funzione di espressione della volontà popolare e quindi propositiva, la democrazia e la sovranità popolare è sacrificata.
Il parlamento dovrebbe darsi dei regolamenti, che pur non svilendo il dialogo e i vari dibattiti tra le varie espressioni politiche che il popolo ha manifestato con le elezioni, possa addivenire in tempi convenienti a delle determinazioni largamente condivise.
Invece spesso cede alle pressioni dell'esecutivo, approvando delle leggi elettorali che limitano l'espressione della volontà dei cittadini e dello stesso parlamento, e sacrifica la sovranità popolare.

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