martedì 30 settembre 2008

Un sogno infranto

Luigi sin da ragazzo nutriva un grande sogno, voleva mettere su una bottega di sartoria artigianale. Dopo gli studi incominciò a frequentare le sartorie locali, non soddisfatto emigrò in Francia per incrementare le sue conoscenze e le abilità nell'arte sartoriale. Ritornò a Ruvo di Puglia, investendo i propri risparmi, avviò la sua bottega in un luogo centrale del paese e facilmente accessibile. Cercò di pubblicizzare la sua attività partecipando a delle sfilate di moda regionale con notevoli affermazioni, incominciarono ad affluire vari utenti, ma la produzione sartoriale della sua giovinezza era profondamente mutata.
Ancora negli anni '60 nella cittadina erano presenti varie sartorie dove intorno al maestro, che tagliava, su misura del cliente, la stoffa per confezionare l'abito, c'erano vari giovani (soprattutto uomini nelle sartorie da uomo, prevalentemente donne per le sartorie da donna), che impegnavano l'intera giornata a cucire a mano gli abiti. Di solito, dopo la prima misura, il cliente doveva ripassare per la prova, quindi, se non insorgevano altri problemi, l'abito era pronto in meno di una settimana; spesso, per l'accumulo di lavoro nelle sartorie, bisognava attendere più tempo.
Mio padre, nato nel 1904 e morto nel 1988, solo negli ultimi anni della sua vita, ha indossato degli abiti confezionati, peraltro acquistati dai figli; lui non si sentiva a suo agio con tessuti diversi da quelli che era solito vestire, né desiderava cambiare stile.
Noi, figli, ormai vestivamo abiti di confezione industriale, ma mamma per i vestiti di occasione come prima comunione, partecipazione a feste di matrimonio, preferiva farci vestire con abiti di confezione sartoriale. Gli ultimi miei vestiti confezionati da una sartoria artigianale furono quelli del mio matrimonio, elaborati dal mio amico Luigi.
Intorno agli anni settanta i sarti non riuscivano più a sostenere la concorrenza dell'industria, alcuni chiusero la loro attività, cercando lavoro nelle industrie di confezioni che si aprirono anche a Ruvo, altri si unirono in cooperativa, altri ancora mantennero l'attività ma la affiancarono da un'attività commerciale di abbigliamento, in tal modo offrivano ai clienti la possibilità di scegliere tra confezione artigianale o industriale, e comunque rifinivano o adattavano ai clienti gli abiti che venivano dall'industria.
Il sarto Luigi, non volle rinunciare; mal si adattava all'ambiente dell'industria, perciò prese contatto con i grandi distributori di tessuti per cercare di offrire ai suoi clienti i tessuti migliori a prezzi competitivi, offrì la suo opera per rifinire nella sua bottega i prodotti di qualità dell'industria. Tutto risultò inutile, la concorrenza dei prodotti industriali e il ristretto mercato che ormai offriva il proprio paese incrinarono i suoi sogni e fu costretto a cessare la sua attività.

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