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Nelle case non si produceva tanta spazzatura perché non c'erano né oggetti di plastica né buste di plastica. I vari imballaggi di carta o di legno venivano riutilizzati fin quando era possibile, quindi venivano bruciati nel camino domestico (in quegli anni si cucinava nei camini o su cucine a legna).
Gli abiti venivano usati fino all'usura quasi totale: prima venivano usati quando si usciva la sera in piazza, o per incontrasi con amici e parenti in città; poi si indossavano per il lavoro, e spesso le mamme quando i vestiti erano in parte rotti cercavano di rattopparli. C'era un detto che sollecitava all'igiene che diceva: non bisogna vergognarsi delle toppe ma delle macchie e della scarsa igiene. Quando i vestiti erano mal ridotti alcuni venivano trasformati in strofinacci, altri erano scambiati con altri oggetti o venduti agli straccivendoli, che passavano spesso nel paese. Persino i capelli delle donne, che cadevano nella pettinatura, erano raccolti e venduti.
Tegami di alluminio o di rame rotti e non più utilizzabili, e altri arnesi di metallo erano venduti ad alcuni acquirenti, che più volte durante la settimana, passavano con il loro carretto trainato dall'asino.
I residui dei prodotti agricoli erano riciclati, la morchia dell'olio era venduta per fare il sapone, se proprio non lo si faceva in casa; il mallo delle mandorle era bruciato per ricavare sostanze chimiche; le bucce dure delle stesse erano una risorsa, perché avevano un alto potere calorico ed erano utilizzate dai fornai, che le bruciavano per riscaldare il forno e ne ricavano la carbonella, che la rivendevano per uso domestico: per cucinare o per riscaldare la casa durante l'inverno.
Anche la cenere spesso era utilizzata per preparare la lisciva, molto utile per pulire la biancheria.
Le giare, le brocche e spesso i grandi piatti di terracotta erano riparati da artigiani ambulanti con punti di ferro e cemento.
I contadini, che erano la maggioranza della popolazione, portavano nei campi gran parte dei residui umidi della cucina, quindi rimaneva poca spazzatura che durante la notte o al primo mattino veniva accumulata agli angoli delle strade. Questa veniva raccolta dagli spazzini, che con con una pala la caricava su un carro e tutto restava pulito.
Una maggiore attenzione richiedeva la pulizia delle strade: queste se nel centro storico fino al corso erano lastricate, nel resto del paese erano sterrate o brecciate (ricoperte di sassi spezzati in modo da trattenere la terra e per evitare l'accumulo di fango), inoltre erano frequentate da carri trainati da muli o cavalli, che spesso lasciavano escrementi. Questi resti, quotidianamente, erano raccolti con particolari scope e pale dagli addetti all'igiene urbana.
Non c'era una grave difficoltà per lo smaltimento di tali rifiuti, perché, tranne qualche residuo di ceramica o di vetro, erano quasi tutti di sostanza organica che venivano dispersi in alcuni campi come concimazione, particolarmente accettati erano i residui raccolti dalle strade periferiche più frequentate dai carri.
Non ricordo questi fatti con rimpianto, perché all'epoca non c'erano il benessere e l'igiene dei nostri giorni, tuttavia è da ammirare come i nostri padri riuscivano ad utilizzare e a riciclare quei beni che riuscivano a produrre. Oggi, invece, produciamo una grande quantità di beni, che usiamo solo in parte e poi buttiamo via, accumulando una grande quantità di rifiuti che spesso non riusciamo a gestire.
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