Nella Genesi il lavoro è presentato come un castigo di Dio, come
conseguenza della disubbidienza dell’uomo all’ordine di Dio di non mangiare il
frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
17 All'uomo disse: «Poiché hai
ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo
comandato: ‘Non ne devi mangiare’, maledetto sia il suolo per causa tua! Con
dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». (Genesi)
18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». (Genesi)
Riflettendo su tutto
l’evento, la disubbidienza a Dio e il conseguente castigo della fatica del
lavoro, non è difficile rilevare che questo segna il passaggio dell’uomo dallo stato
di innocenza alla stato della consapevolezza, della responsabilità e della
libertà. Tale evento in modo più o meno drammatico, ma anche con una sensazione
di piacere, si ripete ogni volta che un figlio, acquisita un’ adeguata e
consapevole maturità, ritiene che non debba più dipendere dal padre, e questi
con un po’ di amarezza, ma contento perché suo figlio finalmente è adulto,
accetta il distacco da sé del proprio figlio. Da questo distacco deriva
un’ovvia conseguenza: il figlio, come Adamo quando volle assumersi la
responsabilità della conoscenza, della responsabilità e della libertà, deve
provvedere col proprio lavoro al proprio sostentamento.
Ciò è senza dubbio una
fatica, ma esalta la dignità dell’uomo, che, contrariamente agli altri esseri, con
la propria attività realizza se stesso e difende la sua libertà.
Dio, che aveva fatto
l’uomo a sua immagine, ha permesso gli eventi raccontati nella genesi ovvero il
mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male con il
conseguente obbligo del lavoro, per sottolineare la libertà data all’uomo e la
responsabilità di contribuire al suo sostentamento, quella dignità divina che è
nell’uomo, che questi può esercitare nei limiti della sua natura.
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