La
conoscenza, non è una facoltà che l’uomo ha ricevuto nella sua compiutezza, ma è
in continua elaborazione, subordinata all’impegno costante dell’uomo stesso. Ne
consegue che anche il lavoro è una capacità umana di ricostruire e potenziare il
proprio essere, che si evolve con la conoscenza, la responsabilità e la fatica
di ciascuno e dell’intera umanità.
Queste due facoltà dell’uomo, la
conoscenza e il lavoro, che secondo la religione giudaico-cristiana e la
cultura greca avvicinano l’uomo a Dio, e garantiscono la sua libertà, devono
coniugarsi con l’intera natura dell’uomo, che è determinata anche da
sensibilità e passioni.
La passione fondamentale è
l’autoconservazione, l’affermazione del proprio essere. Tale passione se non è
controllata dalla consapevolezza dell’essere dell’altro e della rilevanza di
questo per la conservazione della vita stessa, diventa distruttiva e fonte di
tanti sentimenti che generano odio, lotte e guerre.
La Bibbia narra di Caino e Abele, la
storia intera testimonia i contrasti emersi e le infinite guerre che hanno
insanguinato la Terra che ancora oggi in ogni continente continuano sotto varie
forme a imperversare. L’uomo brillante per tante conquiste della sua conoscenza
non riesce ancora a gestire con equilibrio la sua laboriosità, pertanto permane
tanta miseria, tanta sofferenza e una libertà limitata. Le dignità dell’uomo
sono ancora offese.
Ci
sarà stato un periodo dell’innocenza dell’uomo e della sua felicità naturale?
Molti nell’antichità narravano con rimpianto di una età dell’oro, Rousseau
ipotizzava la condizione naturale umana come quella del buon selvaggio, in cui
gli uomini vivevano in una felice armonia tra di loro e nei confronti della natura. Altri, come
il citato racconto della Bibbia del fratricidio di Abele e Caino o l’ipotesi
dello stato di Natura di Hobbes, che riteneva che “homo homini lupus”,
ritengono che la condizione primitiva dell’uomo sia stata caratterizzata da
continue lotte. Mi sembra più verosimile la terza ipotesi enunciata da Erasmo
da Rotterdam e altri “homo homini aut deus, aut lupus” che rispecchia la
eterogenea natura umana.
Nell’evolversi della storia, della società
e dell’uomo i rapporti tra gli uomini, in particolare il lavoro, sono mutati
secondo le necessità, secondo le abilità tecniche per soddisfare i bisogni
emergenti e, non in secondo ordine, dalla maturità culturale. Dai testi
scolastici del mondo occidentale si evince una evoluzione della società e del
lavoro secondo fasi che sommariamente possono così delinearsi: famiglie
patriarcali, società schiavista, società feudale caratterizzata dalla
subordinazione tra uomini, origini della classe borghese e della classe
operaia. Tali fasi non sono da intendersi in modo univoco, cronologicamente
dipendenti ed esclusive e spesso convivono con altre forme di aggregazione
sociali e lavorative e assumono forme variegate a seconda delle circostanze che
ne hanno determinato il loro sorgere. In tutte le fasi alcuni uomini hanno
conseguito una certa libertà e hanno sottoposto alle proprie dipendenza tanti
altri che o sono stati nella condizione di schiavitù oppure hanno potuto godere
di una limitata libertà.